Work Based Learning: esperienze di alternanza da condividere e trasferire

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Le esperienze di Alternanza Scuola – Lavoro continuano a destare l’interesse di numerosi addetti ai lavori. Nonostante siano ancora molte le criticità emerse nei percorsi di Alternanza, sono sempre più frequenti i tentativi di individuare e divulgare buone pratiche che possano essere utili a docenti, studenti e strutture ospitanti per co-progettare percorsi efficaci e coerenti con i curricula formativi dei giovani.

Tra le recenti rassegne sul tema, merita sicuramente attenzione il rapporto di ricerca realizzato dalla Fondazione di Vittorio dal titolo “I modelli di successo della formazione duale”. Nata all’interno della campagna We4Youth, la ricerca raccoglie e analizza diverse buone pratiche che il sistema educativo italiano e il mondo delle imprese stanno attuando per valorizzare le Work-Based Learning Experiences, con l’intento di identificare “modelli di successo” e fornire indicazioni utili su aspetti innovativi e rilevanti che possano potenzialmente essere replicati anche in altri contesti territoriali e in altri istituti.

Le esperienze di Alternanza Scuola – Lavoro riportate nella ricerca riguardano percorsi di apprendimento realizzati nei luoghi di lavoro oppure attraverso lo sviluppo di moduli formativi basati sull’impresa simulata. Tante le realtà aziendali coinvolte: Bosch, Accenture, Lamborghini, Federmeccanica, ABB, solo per citarne alcune. Tutte impegnate nel realizzare con istituti tecnici, professionali e licei percorsi di alternanza “rubricabili” come buone pratiche. Non senza mettere in luce eventuali criticità o aree di miglioramento delle esperienze. Perché se tra gli obiettivi della ricerca c’è sicuramente l’intenzione di fornire a scuole e imprese esempi concreti per individuare elementi di condivisione e di trasferibilità, le difficoltà non sono certo mancate.

In un bilancio complessivo delle 25 esperienze raccolte (alcune delle quali includono anche o solo l’utilizzo di apprendistati formativi) gli aspetti principali che intervengono nel qualificare i percorsi di alternanza riguardano:

  • da un alto, la presenza di figure di tutoring competenti, a cui è richiesta la capacità di affiancare i giovani nel percorso in azienda è trasferire conoscenze e abilità coerenti con il progetto formativo
  • dall’altro, la capacità di declinare in maniera dettagliata il progetto formativo, con compiti e abilità chiari.

Note stonate riguardano invece la durata fin troppo limitata dell’esperienza, che rischia di confinare questo momento didattico ad attività marginale nel percorso formativo degli studenti e delle studentesse, rendendo l’esperienza poco in linea con i contenuti e le finalità della proposta didattica e con il percorso scolastico dei giovani. Un aspetto che si unisce a vincoli di carattere organizzativo e alla difficoltà incontrata dalle scuole nell’animare sul territorio potenziali soggetti da coinvolgere nell’attivazione dei percorsi. Dove superati, si legge nel rapporto, l’esperienza di alternanza ha un impatto efficace, le opportunità di comprendere realmente i processi aziendali si concretizzano, l’acquisizione di competenze trasversali e tecnico-specialistiche si trasmette attraverso un apprendimento sul campo (work based). E il tutto si traduce in un più efficace orientamento degli studenti e delle studentesse rispetto al proseguimento delle proprie carriere formative e alle proprie possibilità occupazionali.

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