Verso un Liceo Classico light?

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EDITORIALE – Sul supplemento domenicale de Il Sole 24 Ore Tullio Gregory ha espresso il suo sconcerto circa l’assenza di prove di traduzione dal greco e dal latino nel concorso per docenti al via proprio in questi giorni.

EDITORIALE – Sul supplemento domenicale de Il Sole 24 Ore Tullio Gregory ha espresso il suo sconcerto circa l’assenza di prove di traduzione dal greco e dal latino nel concorso per docenti al via proprio in questi giorni.

Ebbene sì, agli aspiranti docenti di lingue classiche sarà chiesto di rispondere a quesiti di argomento probabilmente pedagogico-didattico, per sondarne la predisposizione a fornire modelli di insegnamento migliori di quelli del passato, ma non di misurarsi con l’attività in cui più d’ogni altra dovrebbero dimostrare di eccellere.

Al Prof. Gregory il Miur potrebbe rispondere che la selezione è aperta a docenti già abilitati, che, cioè, hanno dimostrato in altra sede di conoscere a menadito la lingua di Omero e di Virgilio. La sostanza del rilievo, quand’anche venisse liquidato così goffamente, non sarebbe intaccata, poiché si potrebbe fare allora un discorso di qualità della selezione: non tutti traducono allo stesso modo, chi lo fa meglio dimostra una preparazione più accurata e competenze culturali superiori. In più, l’allarme lanciato dallo storico della filosofia è corroborato dalla notizia, puntualmente riportata dai redattori del Sole nella stessa pagina, che domani e dopodomani avrà luogo a Milano un convegno istituzionale dal titolo “Il liceo classico del futuro”, tra i cui relatori compaiono illustri politici, economisti, filosofi, antropologi del mondo antico, ma tra i quali si constata la presenza di un unico filologo classico di notevole forza mediatica, il Prof. Maurizio Bettini, che da solo non può che esprimere molto parzialmente le istanze tecniche e pedagogiche degli antichisti. “La liquidazione dall’orizzonte del greco e del latino dal nostro sistema scolastico e di ricerca” di cui parla Gregory è, a ben vedere, già cominciata, e magari l’oziosa retorica delle competenze inghiottirà prima di quanto pensiamo anche il liceo classico, reo di non offrire un sapere preconfezionato, riassumibile in comode formulette da giocarsi al primo colloquio di lavoro, e reo di richiedere una classe docente la cui formazione, così scarsamente compatibile con la logica dei crediti universitari, rimane per lo Stato molto onerosa.

Forse è legittimo chiedersi se possiamo continuare a sostenere costi simili solo per un’élite (di discenti e di docenti). La risposta è certamente sì, con cose ben note da correggere e sfide nuove da cogliere – potremmo discutere a lungo sui limiti della didattica delle lingue classiche e sullo scarso impatto che quel sapere così denso di valori etici e civici sembra abbia avuto sulla formazione globale dei cittadini. Sì senza esitazioni anche perché, come avverte Gregory, già non si trovano più i conservatori di manoscritti greci e latini, di cui i nostri fondi sono ricchissimi. Una scuola, il classico, per tutti perché a vantaggio di tutti, anche di chi verrà dopo di noi.

Ah, dimenticavo, peccato che al consesso di Milano non abbiano invitato i responsabili delle risorse umane di un colosso mondiale della cosmetica come L’Oréal: fino a qualche anno fa, per le carriere nell’ambito del marketing preferivano i neolaureati in lettere classiche a quelli in economia e marketing.

Eleonora Fortunato

Direttore responsabile Orizzontescuola.it

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