USB. Dallo sciopero generale alla manifestazione nazionale: due giornate da capire bene

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USB – Eurostop e Usb, a Roma un grande corteo contro il governo Gentiloni: partecipata, combattiva e allegra.

Tre aggettivi che racchiudono alla perfezione la manifestazione nazionale contro il governo Gentiloni organizzata dalla piattaforma sociale Eurostop con l’Unione Sindacale di Base, alla quale hanno aderito numerose forze politiche e sociali.
Partito poco prima delle 15 da piazza Vittorio, con quasi un’ora di ritardo per l’alta affluenza, il corteo ha attraversato il centro di Roma aperto dallo striscione “Via il governo delle banche, della precarietà, dei manganelli”.
Molte migliaia di persone hanno sfilato fino a piazza Madonna di Loreto in una grande manifestazione punteggiata dagli striscioni contro l’euro, la UE e la Nato ma anche da quelli dei lavoratori della logistica e dei braccianti portati dai migranti al grido di “schiavi mai”, da quelli dei vigili del fuoco in lotta per la stabilizzazione dei precari, del personale ATA della scuola e della Federazione del Sociale.
Il corteo di sabato pomeriggio a Roma rappresenta un altro grande momento di mobilitazione il giorno dopo il successo dello sciopero nazionale proclamato per tutti i settori, pubblici e privati, dall’Unione Sindacale di Base.
Il 10 novembre è stato sciopero generale vero: trasporti fermi ovunque con percentuali di adesione altissime. Servizi pubblici chiusi, scuole deserte, fabbriche svuotate.
E molte piazze piene di cortei numerosi e combattivi, da Torino a Palermo, da Trieste a Firenze a Napoli e in altre 35 città. Meno che a Roma.
A Roma i due cortei previsti, quello promosso dalla Federazione romana di USB e quello nazionale degli insegnanti sono stati impediti dalla Polizia. Il primo nonostante fosse stato autorizzato dopo una trattativa durata giorni, il secondo direttamente a manganellate.
Non c’erano precedenti in tal senso. La discrezionalità del potere, seppure sempre presente non si era mai spinta tanto in avanti da ledere il sacrosanto diritto a manifestare in una giornata di sciopero generale a lavoratrici e lavoratori pacifici.
Se non ci interrogassimo sul perché questo è accaduto in occasione dello sciopero generale di classe e perché proprio a Roma peccheremmo non solo di superficialità ma anche di scarsa capacità di inchiesta.
Il cambio di paradigma è evidente e porta allo scoperto i nervi tesi di un governo in affanno che vede sempre più inevitabile l’esplodere del conflitto di classe. La scelta di Roma per questo nuovo approccio di ordine pubblico non è, anch’essa, casuale.
È a Roma che si svolgono i tavoli sindacali più difficili, la cui posta sono migliaia di posti di lavoro da tagliare; è qui che si discute, dopo anni, di contratti da rinnovare senza risorse; è nella capitale che la drammatica situazione dei senza casa esplode ogni giorno di più. Roma è il luogo dove la contraddizione si manifesta più stridente e dove si stanno agglutinando soggettività conflittuali e di classe che propongono un profilo nazionale alle mille lotte e vertenze in corso in tutto il Paese, dandogli un profilo politico alto e proponendo risposte, di piazza ma non solo.
E allora i nuovi dispositivi di impedimento del conflitto previsti dal piddino Minniti scelgono una giornata di lotta sindacale per mostrare i muscoli e mandare anche un segnale alla manifestazione nazionale di oggi promossa da Eurostop ma divenuta rapidamente molto più ampia.
Segnali accompagnati da denunce “per estorsione” a chi lotta per il salario, a provvedimenti “preventivi” di polizia a quelli come noi che non intendono uniformarsi e subire lo stato presente delle cose. Il tutto accompagnato da una rinnovata campagna stampa e politica contro il diritto di sciopero e di organizzazione.
Se questo è il quadro, allora non possiamo consentirci nessuna sottovalutazione, ne va del futuro delle lotte e dell’esistenza stessa del conflitto.

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