Una riflessione in tempi di “emergenza” e necessità di cambiamenti. Lettera

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Inviata dalla Dott.ssa Silvia Bombetti, Pedagogista, docente e mamma – L’emergenza è iniziata circa un mese fa e non sono ovviamente chiari e prevedibili i tempi di un possibile ritorno alla normalità (concetto fluido e da rivalutare, in altra sede).

A distanza di un mese, si intuisce un improbabile rientro a scuola e sembra evidente che la didattica a distanza (ormai per tutti DAD) sarà l’unico strumento attraverso il quale la scuola stessa potrà continuare ad essere presente nella vita degli studenti. Potrebbe essere arrivato il tempo per non lavorare in emergenza, ma per provare a strutturare metodi, tempi di utilizzo degli strumenti e contenuti che diano valore a quanto proposto.

Avendo la possibilità di stare dalle due parti del sistema, sento docenti stremati per l’infinito tempo trascorso davanti al pc per programmare, fare video conferenze, video lezioni e tutto quello che ci sta impegnando in questo periodo.

Sento però altrettanti genitori esasperati per l’affiancamento richiesto dal carico scolastico assegnato, ingestibile dagli alunni in autonomia. Sento anche genitori i cui figli hanno al massimo due ore di lavoro a settimana, rigorosamente assegnato attraverso schede da stampare e re-inviare ai docenti a prova del lavoro svolto.

Paradossale che dal combattere l’eccessivo utilizzo dei dispositivi, siamo ridotti ad usarli per ore ed ore nell’assurda rincorsa a mantenere la normalità infranta.

Tutti esasperati! C’è qualcosa che non funziona… almeno non per questi “esasperati” e, forse, neppure per altri. Servono obiettivi, contenuti e limiti definiti. Premesso che in questo frangente emergono i diversi livelli di competenze e senso di responsabilità rispetto al proprio ruolo, serve definire gli obiettivi possibili e gli strumenti per raggiungerli, attraverso la valutazione di fattibilità, anche in funzione del capitale umano a disposizione e senza che il lavoro richiesto diventi disumano.

Quale sistema si pensa possa risultare funzionale, se tenta di attuare vecchi paradigmi in pieno cambiamento? Può essere logico proporre lo stesso programma, previsto per l’anno scolastico, senza tenere conto dell’alterazione temporale implicita sia nell’utilizzo di strumenti
diversi (usati in alcuni casi per trasferire contenuti inalterati), che di nuovi setting di apprendimento? È una contraddizione in termini.

L’organizzazione attuale sta portando all’esasperazione persone e sistemi.
Quale obiettivo si persegue con questo nuovo “modello”, ovviamente mai sperimentato, ma forse anche poco ragionato, da parte di alcuni?

Vengono assegnati compiti (spesso preconfezionati), illudendosi che il loro svolgimento corrisponda all’assimilazione di contenuti: così il programma va avanti.

Alcuni docenti sono esasperati anche dal carico delle correzioni.
Come facevamo, prima, la correzione della maggior parte dei compiti?
Risposta: insieme agli alunni in classe e qualcosa si portava a casa.

Se è triplicato il tempo delle correzioni, qualcuno sta sbagliando qualcosa.
Il tempo della correzione può essere convertito in tempo di apprendimento per gli studenti, attraverso video lezioni che guidino gli alunni a sviluppare gli argomenti durante questa nuova dimensione di trasferimento del sapere, non nel compito che viene assegnato e che poi dovrà essere corretto. Si tenga inoltre in considerazione il fatto che in molti casi, per gli alunni più
fortunati, il compito sarà il risultato di un lavoro fatto con mamma o papà e che quindi la correzione è relativa ad un “compito famigliare”.

Interroghiamoci sul senso e sul fatto che alcuni docenti valutano questi compiti.
Capiamo prima perché la scuola abbia come scopo principale e irrinunciabile, in questo momento, la valutazione, soprattutto dopo la posizione ministeriale del “tutti promossi”.

Obiettivo della scuola è l’apprendimento con relativa acquisizione di competenze, conoscenze e correlati; come poter conservare questo mandato, in una situazione trasformata rispetto alla scuola in presenza? La vicinanza potrebbe essere un primo elemento e questa non può non prevedere che gli alunni vengano accompagnati all’elaborazione di
quello che stanno vivendo, anche attraverso il confronto con cosa sia ora, diverso da prima.

La riflessione è apprendimento e processo di interiorizzazione, oltre che di rassicurazione (i bambini chiedono di raccontare sempre le storie note… perché danno loro sicurezza). Il cambiamento va accompagnato dal pensiero sulle differenze. Chi deve guidare questo processo, se non gli adulti appartenenti all’istituzione dove gli studenti trascorrevano la
maggior parte della loro giornata e che tanto dichiarano di voler mantenere il contatto con gli alunni?

Proporre lavori di riflessione scritti o orali, in ottica inclusiva, che aiutino a rintracciare le diversità tra la situazione passata e quella attuale, evidenziando i punti di positività del presente e stimolando il pensiero critico alla lettura della situazione contingente, nell’ovvio rispetto del livello di sviluppo di ogni gruppo classe.

La riflessione sul presente é indispensabile per strutturare gli alunni alla vita, alle situazioni di cambiamento, al pensiero flessibile, alla capacità di riconoscere priorità e bisogni primari e secondari e alla capacità di leggere la realtà, perché il senso di realtà è una competenza necessaria per la vita.

Possiamo raccontare storie che insegnino la lettura del tempo, da quello passato a quello che stiamo vivendo, ma raccontiamole.

Inviamo la nostra voce, non anonime pagine di libri. Leggiamo e offriamo lo spazio per l’ascolto della voce che li accompagnava a scuola e che ora, può essere la traccia che unisce nella distanza. Ne gioveranno anche la capacità di ascolto e quella attentiva, con la possibilità di adattare il contenuto ai tempi personali dell’alunno che potrà riascoltare, rivedere, interrompere la fruizione del materiale, con tempi adatti al proprio stile di apprendimento.
La sfida sta nel dimostrare agli alunni che ci sono adulti competenti, che sanno essere presenza che lascia il segno, non solo perché li impegna in attività chiamate compiti. I compiti dati così, sono quelli delle vacanze! Se si vuole fare scuola serve proporre lezioni attraverso la propria persona. L’apprendimento avviene a lezione, più che nella sperimentazione che si
lascia fare in autonomia agli studenti. Il compito è potenziamento e va assegnato solo dopo aver affrontato insieme e consolidato i contenuti (altrimenti si smarrisce ancora il principio di autonomia dell’alunno e cediamo, anche in questo passaggio, il mandato di docente al
genitore).

Se si comprende il bisogno di ripensare alla DAD come una didattica capace di fare la differenza e garantire l’efficienza e l’efficacia di quanto proposto, è assolutamente necessario rivalutare anche i tempi.

Il tempo è stato alterato, quindi anche il paradigma temporale dei programmi dovrebbe essere riadattato seguendo la logica che sta guidando l’intera specie in questo frangente: la valutazione delle priorità.

Il tempo della distanza è dilatato. Immaginiamo di inviare una lettera e lasciare al destinatario i tempi per una possibile risposta. Mettiamo l’alunno in condizioni di volerci rispondere perché coinvolto in un processo di costruzione del pensiero e del sapere che lo vede protagonista.

La revisione dell’impiego del tempo ci è stata imposta da questa “emergenza” e resta la possibilità di poter dire, in futuro, che questo tempo è stato valorizzato per riflettere sul cambiamento, necessario a delineare nuovi paradigmi per un’esistenza migliore, rispetto a quella in cui tutti eravamo trascinati nel vortice di un sistema più grande di noi.

La sfida è rispondere a bisogni possibili, non arrivare col senno di poi ad elencare cosa si sarebbe dovuto e potuto fare.

I docenti possono fare la differenza proponendo un modello di scuola di vita che recuperi la maieutica anche se in un rapporto a distanza.
In passato abbiamo perso parte della scuola quando, per mancate risposte, abbiamo lasciato che i sanitari, entrassero a impostare e imporre una didattica per bes e dsa.
Proviamo a creare un modello rispondente ai bisogni, senza coinvolgere o sconvolgere altri sistemi.

Ripensiamo ai contenuti fondamentali da trasmettere e condividere, ai tempi per l’apprendimento e alla funzione fondamentale che un docente può avere in questo momento storico, nella vita di chi rappresenta il futuro della società.

 

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