Un collaboratore scolastico interdetto a 6 mesi per aver sottratto dalla scuola 160 euro dai distributori di merende

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La Corte d’appello di Torino confermava la sentenza del G.i.p. del Tribunale di Cuneo, appellata dall’imputato, con la quale costui veniva condannato.

In particolare, si è contestato all’imputato di essersi impossessato, dopo essersi introdotto di notte, anche mediante la rottura della porta di sicurezza, all’interno dei locali di un istituto scolastico, presso il quale svolgeva attività di collaboratore scolastico, di alcune monete (per un complessivo ammontare di Euro 160,00 circa), contenute in distributori di generi alimentari e di cambiamonete che forzava, e che erano custoditi all’interno del predetto istituto.

Fatto aggravato perché commesso con violenza su cose esistenti in edificio pubblico, in circostanze di tempo tali da ostacolare la privata difesa, da persona incaricata di servizio pubblico e con abuso di prestazione d’opera.

La Corte territoriale, esaminando le doglianze proposte con il gravame di merito ed in parte riformulate in ricorso, ha fatto proprie le considerazioni svolte dal G.i.p., dando atto della circostanza che la prova della colpevolezza dell’imputato era derivata dalla registrazione delle immagini captate dal sistema di videosorveglianza, da cui era emersa la sua presenza – in orario notturno e senza alcuna autorizzazione o motivo all’interno dell’istituto scolastico proprio nelle notti tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS) successivi.

Era peraltro emerso, da un’immagine registrata, che l’imputato nell’occorso recava con sè un sacchetto. Quanto al primo episodio, essendo stato accertato il malfunzionamento del sistema, la riconducibilità anche di quell’ammanco all’imputato era derivata dalla ritenuta analogia delle modalità del furto, considerate la conoscenza dei luoghi e la collocazione delle macchinette all’interno della scuola, avendo la Corte territoriale ritenuto altamente improbabile che un altro soggetto, proprio la notte precedente, fosse entrato in quella scuola, manomettendo, con le stesse modalità, un’altra macchinetta.

Inoltre, con specifico riferimento alle aggravanti contestate, deve rilevarsi che l’aggravante di aver commesso il fatto con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o ad un pubblico servizio è configurabile anche quando il pubblico ufficiale abbia agito al di fuori dell’ambito delle sue funzioni, essendo sufficiente che la sua qualità abbia comunque facilitato la commissione del reato. (cfr. sez. 5 n. 50586 del 07/11/2013, Rv. 257842; sez. 1 n. 24894 del 28/05/2009, Rv. 243805; sez. 6 n. 4062 del 07/01/1999, Rv. 214143). Alla fine del processo si rideterminava la condanna della interdizione dai pubblici uffici in sei mesi.

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