Un bambino si fa la pipì nei pantaloni, genitori denunciano maestra. Sentenza

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Il caso trattato dal Tribunale di Perugia, con sentenza del 13-02-2019, vede l’annullamento di una sanzione disciplinare comminata nei confronti di una docente, accusata di aver negato ad un bambino di andare in bagno e a causa di questo diniego il bambino, da quello che veniva contestato, pare si fece la pipì nei pantaloni.

Il Fatto

Una docente riceveva l’avvio del procedimento disciplinare con il quale le si contestata la violazione dell’art. 494 comma a) del D.Lgs. n. 297 del 1994 giacché una mamma di un suo alunno lamentava alla dirigente che il proprio figlio a causa di urgente bisogno fisiologico più volte rappresentato a detta del genitore, non gli era stato consentito di recarsi al bagno e di conseguenza si era urinato nei pantaloni. Veniva ribadito da parte della difesa della docente, che il minore era stato autorizzato ad uscire dalla classe per andare in bagno nell’ordine in cui lo stesso lo aveva richiesto; che i regolamenti prevedono quanto segue “I docenti: ° Permettono agli alunni di uscire, generalmente uno alla volta, durante le lezioni in momenti di necessità, limitando i tempi fuori della classe”, nonché alla previsione regolamentare rivolta agli alunni “al bagno può andare una persona alla volta, quindi aspettare pazientemente il proprio turno”; che il procedimento disciplinare è illegittimo in quanto ella non ha avuto accesso tempestivamente e integralmente ai documenti istruttori valutati ai fini dell’irrogazione della sanzione; che il provvedimento sanzionatorio è illegittimo in quanto non ha motivato la mancata considerazione delle osservazioni svolte dall’insegnante con la memoria difensiva in sede disciplinare.

E il Tribunale di Perugia ha dato ragione alla lavoratrice.

Deve essere l’amministrazione a provare i fatti che si contestano

“Nel merito, il ricorso è fondato e la sanzione impugnata deve essere annullata non essendovi prova che la prof.ssa abbia posto in essere alcun comportamento colposo di rilievo disciplinare che possa esserle ascritto. Va premesso che, nei confronti della ricorrente, è stata elevata la sanzione della censura in quanto la medesima non avrebbe consentito all’alunno di recarsi al bagno cosicchè quest’ultimo, non riuscendo a trattenersi, avrebbe urinato sui propri vestiti scoppiando conseguentemente a piangere tanto da rendere necessario l’intervento urgente da parte dei genitori. Ciò premesso e tanto essendo stato contestato alla ricorrente, deve essere, in primo luogo evidenziato che l’amministrazione scolastica, sulla quale sarebbe gravato l’onere di provare i fatti addebitati all’insegnante, non ha articolato alcun mezzo istruttorio.”

Quando il regolamento d’istituto impone agli insegnanti di fare uscire gli alunni uno alla volta

“In secondo luogo, occorre evidenziare che, in mancanza della prova di un reiterato indebito rifiuto di assentire alla richieste dell’alunno di recarsi in bagno non può ritenersi la rilevanza disciplinare del comportamento addebitato alla ricorrente in quanto, come opportunamente sottolineato dal difensore della parte ricorrente, è lo stesso regolamento di Istituto che impone agli insegnati di consentire l’uscita dall’aula, durante le lezioni, esclusivamente ad un alunno per volta. Nel caso di specie, dalle prove orali assunte (su istanza della parte ricorrente) è emerso che vi erano numerosi alunni che stavano fruendo dei servizi igienici e la stessa insegnante, sentita in forma di interrogatorio libero, ha dichiarato di non avere inizialmente consentito a xxxx di recarsi in bagno solo perchè vi erano altri alunni che lo avevano chiesto prima e perchè ve ne era uno già fuori dell’aula. In tale prospettiva l’iniziale diniego da parte dell’insegnante appare legittimo e corretto, in mancanza di prova in ordine alla manifestazione, da parte dell’alunno, dell’indifferibile urgenza di fruire dei servizi sanitari.”

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