UdS: Dare alla scuola pubblica i 700 mln per missioni militari e 262 mln per le private

Di Lalla
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Rete della Conoscenza Ufficio stampa – È troppo. Sono 700 i milioni per rifinanziare le missioni militari e sono 262 i milioni destinati alle scuole private, con buona pace dell’art. 11 (l’italia ripudia la guerra…) e dell’art. 33 (Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato) della Costituzione. Ma di finanziare la scuola pubblica non se ne parla.

Rete della Conoscenza Ufficio stampa – È troppo. Sono 700 i milioni per rifinanziare le missioni militari e sono 262 i milioni destinati alle scuole private, con buona pace dell’art. 11 (l’italia ripudia la guerra…) e dell’art. 33 (Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato) della Costituzione. Ma di finanziare la scuola pubblica non se ne parla.

Insegnanti in sottonumero vuol dire classi con un rapporto studenti-docenti che riduce drasticamente la qualità della didattica, per non parlare delle classi pollaio che di più di 60 studenti. Inoltre il ministro dovrebbe accorgersi che studiamo in strutture scolastiche cadenti e a rischio sicurezza, ma nessuno ha sentito di rifinanziare legge 23/1996: non sono problemi da poco, e questi sono solo quelli “urgenti“. È evidente poi che di “diritto allo studio” il ministro Gelmini faccia un’interpretazione tutta personale che potremmo tradurre come “finanziamento statale alle scuole private”. C’è bisogno di una scuola diametralmente opposta a quella della Gelmini (www.altrariforma.it) e 100 mila studenti sono scesi nelle piazze il 7 ottobre per affermarlo. Per questo proponiamo che i finanziamenti per le spese militari e per le scuole private siano destinati invece alla scuola pubblica, al diritto allo studio, all’edilizia scolastica.

«La decisione di lasciare la scuola a se stessa privandola dei finanziamenti necessari non è una dimenticanza, ma una precisa scelta politica coerente con l’idea che la scuola può essere “pericolosa” in quanto in grado di
generare cittadini consapevoli e critici» dichiara Jacopo Lanza dell’Unione degli Studenti «e il concorso per i candidati presidi lo conferma: oltre agli errori, oltre alle domande ideologiche, si tratta di un test nel quale non è possibile valutare capacità e competenze dei candidati, ma soltanto la capacità di memorizzare e ripetere; in pratica insegnante per diventare preside dovrebbe negare se stesso per diventare un burocrate obbediente».

Mentre il Governo cerca di far approvare la legge di “stabilità” gli studenti si stanno mobilitando già da ieri contro le politiche ultraliberiste presentate come “ricetta-anti-crisi” da parte della BCE e Draghi: nascondono in realtà una completa distruzione del welfare e dei diritti in favore di una devozione completa ai mercati. Pretendiamo il cambiamento globale e per questo ci faremo sentire il 15 ottobre a Roma assieme ad altre 712 città in 71 paesi diversi del mondo.

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