Alternanza scuola lavoro. Arrivano i Tutor, il docente sempre più marginalizzato. Lettera

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Inviato da Alfonso Indelicato Responsabile per la Lombardia del Dipartimento Scuola
di Fratelli d’Italia Alleanza Nazionale – Allora è fatta. Per insegnare a noi docenti come si progettano i percorsi di alternanza scuola-lavoro, ecco che la ministra Fedeli si appresta a inviare nelle scuole italiane una falange di mille “tutor” per guidarci e consigliarci in questa bisogna.

Sentivamo la mancanza di questa figura, la quale si aggiunge alle numerose altre che pullulano tra aule, corridoi e sale prof: referenti, potenziatori, educatori, psicologi, esperti vari.

Figure tanto numerose che ormai, quando a scuola un insegnante incontra un altro insegnante, i due corrono a festeggiare l’evento davanti al dispensatore delle bevande.

Scherzi a parte, è evidente che l’introduzione di queste ennesime figure di supporto rischia da un lato di marginalizzare sempre di più il docente, dall’altra di gravarlo di oneri burocratici in aggiunta a quelli che già lo affliggono.

Il cuore della vita scolastica non sono più la classe e la lezione, ma i luoghi dove si concerta, si verbalizza, si prendono contatti, si programma, si certifica, soprattutto si progettano nuovi moduli cartacei per asfissiare sempre di più ogni autentica vocazione.

Dunque è finita? Siamo e saremo sempre più immersi in questo trend aziendalburocratico? Sempre più tutorati da personaggi che ci diranno cosa dobbiamo fare e come dobbiamo essere?

No. Ci salverà il buon senso degli insegnanti, il nostro buon senso. La nostra pazienza, l’onesto quotidiano pragmatismo di chi sa che la teoria resta confinata nei manuali scritti nell’ orrendo didattese mutuato dai pedagoghi d’oltre Atlantico, e la pratica è quella imposta dall’incontro-scontro con classi sempre più difficili, con ragazzi che ci appaiono imperscrutabili e che pur dobbiamo comprendere. T

utto questo lo vedo nella scuola dove insegno: la stagione dei dogmatismi è finita, si sta in trincea insieme, e si cerca di fare il proprio dovere nel modo migliore. Perfino il preside non indossa il blazer blu del manager e, rimboccatosi le maniche, prende a cuore le questioni didattiche.

Ecco la buona novella: le riforme e riformine propinateci negli anni non sono riuscite a uccidere ciò che un insegnante lo fa essere quello che è: l’amore per la cultura e l’attenzione per chi gli sta di fronte. Neppure i tutor freschi di certificazione (l’importante non è sapere ma certificare, e le agenzie di formazione si stanno già muovendo) ci riusciranno.

No signora ministra, non si illuda: non ce la farà a distruggere la scuola.

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