Tappo di spumante colpisce occhio di un docente in classe, nessun risarcimento. Vediamo perché

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Una docente era stata colpita ad un occhio dal tappo di una bottiglia di spumante aperta da uno studente della classe V di un Liceo Classico mentre durante l’orario di lezione veniva celebrato il centesimo giorno prima dell’esame di maturità.

La docente ricorreva in giudizio per chiedere il risarcimento danni. Giunto in Appello, la Corte, affermava che sussisteva la responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 cod. civ. solo quando fosse aggravato il tasso di rischio e di pericolosità ricollegato alla natura dell’attività lavorativa del dipendente.

Nella specie, ciò non si era verificato atteso che il fatto avveniva in una circostanza che non evidenziava aggravamenti di rischio, e la condotta dell’alunno era abnorme e non prevedibile. Dunque, non vi era stato aggravamento del rischio insito nell’attività lavorativa.

Il giudice di secondo grado richiama Cass. n. 11427 del 2000. Principi confermati dalla Cassazione Civile, Sez. Lav., 15 gennaio 2018, n. 749 … “Il non proibire l’iniziativa del festeggiamento attesa la partecipazione di ragazzi maggiorenni o comunque prossimi alla maturità, e dunque in età adolescenziale avanzata, e il carattere usuale della stessa, non consentivano di ravvisare un’aggravamento del rischio professionale; non vi erano elementi che consentivano di affermare che l’uso di alcolici fosse stato assentito; non vi era evidenza che la manovra inopinata dell’alunno fosse in qualche modo determinata da sue condizioni di alterazione per intossicazione alcolica. La condotta abnorme e imprevedibile dell’alunno (avvicinatosi a breve distanza dall’insegnante recando in mano ed agitando la bottiglia di spumante) non consentiva di ravvisare una serie causale prevedibile e adeguata rispetto alla permessa organizzazione del festeggiamento durante l’ordinario orario di lezione scolastiche.

Trattasi, a parere del Collegio, di un giudizio che resiste alle censure rivoltegli con il ricorso della lavoratrice, in quanto non adeguatamente censurato nella sua ratio decidendi come sopra evidenziata, atteso che l’art. 2087 c.c. (come del resto l’art. 7, d.lgs. n. 626/1994) può mettere capo ad una responsabilità del datore di lavoro per l’infortunio occorso al lavoratore solo allorché, con comportamenti specifici ed anomali, determini un aggravamento del tasso di rischio e di pericolosità ricollegato indefettibilmente alla natura dell’attività che il lavoratore è chiamato a svolgere (Cass. n. 11427 del 2000), e perché non può farsi discendere dall’art. 2087 c.c. un obbligo dell’imprenditore di impedire comportamenti anomali ed imprevedibili.

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