Taglio di 4 miliardi alla scuola, Fusacchia: notizia non fondata, ecco la verità

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La notizia partita dal Corriere è rimbalzata su molti quotidiani e ha sollevato un vespaio. Notizia immediatamente smentita dal Ministero, che ha negato l’esistenza di tagli così cospicui. Qual è la verità?

Quali tagli?

Il Corriere, analizzando gli allegati alla legge di bilancio già varata ha evidenziato coeme per l’istruzione siano presenti 4 miliardi di tagli in tre anni: per l’istruzione la spesa si ridurrà da da 48,3 a 44,4 miliardi, con una riduzione delle risorse sia per l’istruzione primaria (da 29,4 a 27,1 miliardi di euro) che per quella secondaria (da 15,3 a 14,1 miliardi).

La voce che, sempre secondo il Corriere, subirà i maggiori tagli sarà il sostegno, con un miliardo nel ciclo primario, 300 milioni in quello secondario.

Di contro, contiene sempre il commento del giornale, la spesa per le pensioni, dopo quota 100, passerà da da 96,4 a 100,2 miliardi tra il ‘19 e il ‘21. 4miliardi.

Come stanno le cose?

A spiegare l’origine del “taglio” presente nell’allegato è stato Alessandro Fusacchia, deputato nelle liste di +Europa, in un lungo post pubblicato su FaceBook che vi riportiamo integralmente

Non ci sono 4 miliardi di tagli alla scuola. E continuare a strillarlo non fa bene a chi ci tiene alla scuola, a chi ha contestato i tagli (quando ci sono stati), a chi si batte per una scuola con più risorse, più merito e un diverso sistema di reclutamento. Perché se strilliamo “al lupo al lupo” quando non è vero, diventiamo poco credibili anche noi, e ci indeboliamo per quando il lupo arriverà davvero.

Cosa è successo?

Nelle ultime ore si è diffusa la notizia che il Governo avrebbe tagliato 4 miliardi alla scuola. La notizia non è fondata. Non da ultimo perché non siamo sotto manovra di bilancio, e poi perché di questo non si parla neppure come ipotesi nei corridoi del MIUR e nemmeno di quelli del MEF. Ricordo piuttosto che un allarme simile era emerso, poi rientrato, verso la fine dello scorso anno. Collegato alle tabelle dell’ultima legge di bilancio.

Ma allora, da cosa nasce l’allarme?

A seguire quello che ho ricostruito. Non è precisissimo, ma credo basti per farsi una idea.

Qualche anno fa ci fu una querelle molto accesa tra MIUR e MEF. Erano gli anni in cui si provava a trasformare decine di migliaia di cosiddetti “posti di organico di fatto” in “posti di organico di diritto”. Qual è la differenza? I posti di fatto sono posti di insegnamento come tutti gli altri – italiano, matematica, inglese – solo che non sono previsti dall’organico stabile e strutturato della scuola italiana, e quindi (nonostante siano necessari e non comprimibili/tagliabili) non sono posti su cui si può assumere a tempo indeterminato.

Che si fa allora?

Ogni anno lo Stato ci assume sopra docenti con supplenze lunghe, a tempo determinato, dal 1 settembre al 30 giugno, lasciando poi i posti scoperti (e i docenti a casa) per i mesi di luglio e agosto.

Per rendere stabili questi posti (attenzione, non per stabilizzare automaticamente gli insegnanti che poi li avrebbero ricoperti, perché prima si stabilizzano i posti poi si decide chi ricopre quelle cattedre) fu intrapresa una trattativa molto serrata tra i due ministeri.

Il MIUR riteneva che il costo dell’operazione corrispondesse ai due mesi di luglio e agosto, moltiplicato per il numero di posti interessato (più la ricostruzione di carriera per i docenti che sarebbero stati assunti a tempo indeterminato, ma tralascio questo punto perché non indispensabile adesso per capire cosa è successo).

Il MEF riteneva invece che costassero, ciascun posto, tutti e 12 i mesi, non riconoscendo che una spesa pari a 10 mesi fosse comunque già fatta dallo Stato ogni anno, e che quindi fosse comunque già a carico del bilancio pubblico. La differenza di queste due interpretazioni valeva centinaia di milioni di euro.

Alla fine di questa trattativa, il MEF decise che i soldi per le supplenze annuali erano stati in passato contabilizzati “erroneamente”, perché i contratti a tempo determinato andavano contabilizzati solo per la durata del contratto stesso, e quindi per un anno. Formalmente questo ha preso nelle tabelle allegate alla legge di bilancio una forma semplice: sono iscritti i fondi solo per il primo anno del bilancio triennale. Ma questo non vuol dire, neppure per il MEF, che sul secondo e sul terzo anno non ci siano i soldi per le supplenze annuali, non fosse altro che stiamo parlando di contratti relativi ad insegnamenti che servono ad assicurare il diritto costituzionalmente garantito all’istruzione.

Stessa cosa, ancora più evidente, riguarda il sostegno e quindi gli insegnanti che aiutano i nostri studenti con disabilità. Capitolo di bilancio a parte, dove il “taglio” tra il primo e i successivi due anni è ancora più chiaro e lampante. Anche qui, bene vigilare, ma attenzione a dire che sono stati tagliati 4 miliardi, lasciando intendere che non ci saranno insegnanti in classe, nell’ordine di decine di migliaia di prof, a coprire l’organico vacante per i 10 mesi da giugno a settembre!

Capisco che la questione sia abbastanza tecnica, ma in questi casi è sempre bene non avventurarsi in conclusioni frettolose. Perché se perdiamo la nostra capacità di mettere il dito nella piaga vera, di indicare cosa funziona e cosa no, cosa è tagliato davvero e cosa non lo è, perdiamo velocemente la nostra credibilità. E la prossima volta nessuno ci starà più ad ascoltare. DI Alessandro Fusacchia

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