Superare clausola 36 mesi, bandire regolarmente i concorsi, superare tetto 10% GM, le riflessioni di Bruschi per evitare abuso contratti a T.D.

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L’ispettore del Miur, Max Bruschi, sul suo profilo FB, ha fatto il punto sulla situazione relativa alla reiterazione dei contratti a tempo determinato, alla luce della sentenza della Corte di Cassazione n. 27384/16 che, come afferma lo stesso Bruschi, completa il puzzle iniziato con la sentenza della Corte di Giustizia Europea del 2014 e la sentenza della Corte Costituzionale n. 187/2016.

La Corte Europea e la Corte Costituzionale, com’è noto, hanno decretato l’illegittimità del “rinnovo potenzialmente illimitato di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza che ragioni obiettive lo giustifichino”.

La Cassazione ha poi stabilito che:

l’abuso riguarda soltanto i contratti su posti vacanti e disponibili, escludendo quindi i posti al 30/06 cioè quelli dell’organico di fatto, a meno che si dimostri “vi sia stato un uso improprio e distorto del potere di organizzazione del servizio scolastico”, quali “il susseguirsi delle assegnazioni presso lo stesso istituto e con riguardo alla stessa cattedra” (ovviamente, nel caso in cui la cattedra sia effettivamente “scoperta”);

la sanzione non è la conversione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato, ma consistente in un risarcimento economico compreso tra 2,5 e 12 mensilità;

le misure previste dalla legge 107/2015 (piano di immissioni in ruolo per i docenti e risarcimento economico per docenti e ATA) sono sufficienti a sanzionare l’abuso “sia nel caso di concreta assegnazione del posto di ruolo sia in quello in cui vi sia una certezza di fruire, in tempi certi e ravvicinati, di un accesso privilegiato al pubblico impiego, nel tempo compreso fino al totale scorrimento delle graduatorie ad esaurimento”;

i risarcimenti, infine, spettano soltanto al personale docente e ATA non stabilizzato.

Definito il quadro giurisprudenziale, l’Ispettore  ha fornito alcuni spunti di riflessione e alcuni suggerimenti, al fine di evitare di ricadere nell’abuso sopra descritto.

Secondo Bruschi, bisognerebbe: assumere annualmente i precari su tutti i posti vacanti e disponibili, evitando “Ogni tentazione di diminuzione delle facoltà assunzionali annuali “;  superare il comma 131 della legge n. 107/15 considerato a rischio di incostituzionalità; andare oltre il tetto del 10% delle GM del concorso 2016, qualora si rendesse necessario per le assunzioni su posti che altrimenti rimarrebbero vacanti; bandire regolarmente i concorsi.

Ecco quelli che Bruschi stesso ha definito “gli elementi amministrativi e procedurali che consentono di non ricadere nell’abuso, elementi non nuovi a quanti hanno avuto la pazienza di seguirmi in questi anni, ma che è opportuno riassumere e aggiornare”

Primo.

Va chiarito inequivocabilmente il “perimetro” di definizione dei posti “vacanti e disponibili”, applicando la normativa. L’organico dell’autonomia, peraltro, è uno strumento UNITARIO in grado di far fronte e di prevenire gran parte delle esigenze in termini di copertura, specie nelle situazioni (scuola primaria, scuola dell’infanzia) ove non vi è una differenza “qualitativa” di posti. Con l’avvertenza che l’intera dotazione organica dell’autonomia è, a tutti gli effetti, di posti in organico di diritto. L’adeguamento disposto dalla finanziaria può, in astratto, chiudere la questione per i prossimi anni, purché l’applicazione sia congrua, fondata su dati statistici e oggettivi. La stagione della “straordinarietà” delle procedure assunzionali ci si augura sia chiusa per sempre, perché ogni accenno a detta straordinarietà rappresenta una sorta di “ammissione di colpa”.

Secondo.

Ogni tentazione di diminuzione delle facoltà assunzionali annuali rispetto ai posti che risultino vacanti e disponibili è, in re ipsa, una possibile fonte di abuso. I posti vanno coperti, ovviamente se vi siano soggetti in posizione utile per coprirli: sia nelle GAE che nelle GM concorsuali.

Terzo.

La certezza di “possibilità” nell’accesso ai ruoli è la chiave di volta per cancellare l’abuso. Un soggetto che abbia (per gli automatismi delle graduatorie) ricoperto per più anni un posto vacante e disponibile, ma che abbia fallito o che abbia evitato la prova concorsuale bandita nei tempi previsti, non può avere nulla a che pretendere (purché l’amministrazione, se chiamata in giudizio, abbia l’accortezza di chiarire anche questo specifico aspetto).

Quarto.

E’ forse opportuno rivedere, alla luce dell’adeguamento dell’organico previsto in finanziaria e del disallineamento dovuto alla mobilità straordinaria (che rende, come noto, imprevedibile non la quantificazione nazionale dei posti banditi nei concorsi, ma la loro “collocazione geografica”), la norma che limita l’assunzione ai soli “vincitori” da bando, rendendo la qualifica di “vincitore” mobile: nel caso in cui vi siano posti da coprire e candidati che abbiano superato le prove (oltre il tetto del 10% di “idonei”), il legislatore potrebbe ragionevolmente prevedere l’integrazione delle graduatorie (fermo restando il triennio di vigenza). Oltre a premiare comunque (in misura ragionevole) il merito di chi ha superato la procedura, ciò preverrebbe il rischio concreto di abuso di contratto a termine configurabile nella situazione di “cattedre senza vincitori”. Può essere il “milleproroghe” un veicolo adatto?

Quinto.

Ci sono casi di posti vacanti e disponibili (per regione/classe di concorso) non copribili, perché le GAE si sono esaurite e perché le GM concorsuali corrispondenti hanno avuto un numero di “vincitori” inferiore; o perché, in prospettiva, neppure l’adeguamento proposto nella quarta considerazione riesce a coprire tutto. Sono situazioni nelle quali, in astratto, nulla vieta di attivare procedure concorsuali anche in termini temporali inferiori ai tre anni, tanto attraverso le procedure vigenti, quanto eventualmente attraverso il nuovo meccanismo “corsoconcorsuale” previsto dalla delega della 107/2015. Non è peraltro necessaria alcuna legge, ma solo l’applicazione degli strumenti amministrativi già previsti.

Sesto.

Continuo a ritenere a rischio di incostituzionalità la clausola dei “36 mesi”. “Inverte” la ratio del legislatore europeo, facendo gravare la misura dissuasoria non sul datore di lavoro, ma sugli aspiranti; in un sistema basato sulla certezza delle aspettative alla possibilità di assunzione, nessun tribunale potrebbe condannare per abuso ciò che abuso non è, avendo lo Stato attivato le procedure per l’effettiva copertura di “quel” posto.

Settimo

Considerazione, paradossale, forse spericolata, ma non troppo. Il rischio è che gli unici fruitori del risarcimento siano i soggetti non abilitati, nel caso in cui non siano state date possibilità di abilitazione o in cui la professione non sia deregolamentata. Sono, in effetti, gli unici soggetti (nel caso di concorsi REGOLARI), cui la possibilità di stabilizzazione risulta preclusa. I docenti non avrebbero “alcuna certezza di stabilizzazione” perché manca la possibilità di conseguire il titolo che quella certezza (intesa come “certezza di possibilità”) assegna, e non per loro responsabilità (vedi, per analogia, il caso dei soggetti ammessi al concorso 2012 col solo titolo di studio, perché non erano state bandite le procedure di abilitazione).

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