“I ragazzi – spiega il preside – erano presi dall’attività proposta. Questo dimostra che non è vero che chiedono il cellulare fin dai primi anni della scuola dell’infanzia ma siamo noi adulti che li condizioniamo. Se riuscissimo a creare delle comunità con un’alternativa, con un’interazione più vera potremmo fare molto di più nell’ambito educativo”.Benefici sarebbero stati registrati anche a livello di attività fisica. “Da anni l’educazione fisica non si fa più solo in palestra. Questa iniziativa – ha concluso il preside – associa la conoscenza del territorio al capire come orientarsi in un posto senza la tecnologia, senza il cellulare. I cosiddetti nativi digitali hanno sviluppato competenze che sfuggono alla nostra generazione ma dal punto di vista della relazione è venuto a mancare qualcosa. Volevo far vivere loro un’esperienza tipo quella dei boy scout e ci siamo riusciti grazie anche alla disponibilità dei genitori e dei professori”.

I ragazzi pare abbiano apprezzato l’esperimento, convincendosi che si può stare senza chat, foto e condivisioni. Il dirigente scolastico spera di poter arrivare ad avere aule prive di campo.