Studenti e docenti: uno sciopero per la solidarietà

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In questo preciso momento (è la mattina di mercoledì 30 gennaio) al liceo Amaldi di Roma docenti e studenti stanno facendo insieme uno sciopero inedito: tutti in classe, sui banchi di scuola, per spiegare gli uni agli altri che cosa significa la parola ‘solidarietà’.

Per riflettere sul decreto sicurezza, sugli sgomberi, sui respingimenti, sulle navi lasciate in balia dei marosi, sulla linea dura di questo Governo contro i migranti.  Un Governo che ha voluto fortemente e contro ogni evidenza positiva la chiusura del Centro accoglienza CARA di Castelnuovo di Porto; un Governo che, nell’attesa che l’Europa si pronunci, sta tenendo la Sea Watch con i suoi 47 migranti – tra cui 15 minori – da 12 giorni in mare, in condizioni psico-fisiche estreme e con il terrore di essere rigettati nei lager libici e di ripiombare in quel mondo di violenza indicibile da cui sono disperatamente fuggiti.

La mobilitazione avviata dal liceo Amaldi con un appello e questo sciopero si sta allargando a macchio d’olio: moltissimi colleghi e interi collegi docenti di altre scuole di Roma e provincia stanno aderendo a questa iniziativa di mobilitazione, costruendo momenti di informazione e confronto con gli studenti che non si limiteranno ad oggi ma proseguiranno nei prossimi giorni. “La nostra idea di Scuola” – scrivono nel loro ultimo comunicato – “è quella di un laboratorio del sapere che non può esimersi dal riflettere sul presente ma che allo stesso tempo ha il dovere di promuovere una cultura dell’inclusione, capace di garantire a tutti i diritti fondamentali e di tenere alta la guardia contro le derive autoritarie e xenofobe”. Mentre scrivo, le adesioni delle scuole aumentano: l’istituto Isabella D’Este di Tivoli, il liceo Orazio, il liceo Bendetto da Norcia e il Tullio Levi Civita, il Morgagni e il Socrate, l’istituto commerciale Luca Ghini e molte altre.

La necessità impellente di ristabilire i fondamentali dell’essere ‘umani’ è scaturita prepotentemente nei docenti dell’Amaldi alla notizia dello sgombero improvviso dei migranti residenti al CARA di Castelnuovo di Porto. Uomini e donne di tutte le età trasferiti con un preavviso di pochissime ore in località sconosciute. Alcuni sono fuggiti e finiti nuovamente in strada; persone malate sono state costrette a interrompere le cure; richiedenti asilo in attesa del loro status di rifugiati che si sono visti interrompere il loro iter giuridico e che dovranno ricominciare da capo altrove; giovani integrati nel lavoro, nelle scuole, nei servizi, nelle attività istituzionali del territorio violentemente strappati ad una inclusione faticosamente conquistata, ad una condizione di vita accettabile e dignitosa costruita a un prezzo per noi inimmaginabile. Con gli psicologi, gli educatori, gli assistenti sociale del CARA, tutti responsabili di una ‘presa in carico’ dei migranti importante, significativa, dolorosa ma densa di risultati positivi, gli abitanti di Castelnuovo di Porto, il Sindaco e tanti altri cittadini si sono dichiarati sgomenti di fronte ad un atto così disumano. Gli insegnanti dei migranti iscritti alle scuole medie e agli istituti superiori di Moneterotondo si stanno prodigando per non far perdere l’anno ai loro alunni mandati in altre regioni. Ma entro la fine del mese anche i 14 minori che vivono ancora al CARA con i loro nuclei familiari e che frequentano la scuola materna o primaria saranno trasferiti nella provincia di Roma. Anche loro verranno portati via dalle loro classi, dalle loro maestre, tolti ai loro compagni. Mandati altrove, non si sa dove, e costretti a ricominciare da capo. Un’altra ferita allo strazio già subito. E questa volta inferta da noi italiani.

Di fronte a tutto questo il mondo della scuola non può restare indifferente, pena la rinuncia, la negazione della sua funzione più importante: educare all’umanità. Perché homo sum, nihil humani a me alienum puto.
Anna Angelucci 30 gennaio 2019

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