Studentessa suicida. I docenti rispondono al giudice: non abbiamo i superpoteri e inoltre siamo delegittimati socialmente

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Si sta svolgendo il processo per la morte per suicidio di Rosita Raffoni, una 16enne che nel 2014 si gettò dal tetto del suo liceo classico.

I genitori sono accusati di maltrattamenti e istigazione al suicidio, ma durante il processo si è parlato anche dei professori e del loro ruolo nella vicenda.

Il giudice ha affermato che dai docenti ci si aspettava di più. Tale affermazione ha suscitato la pronta risposta dei docenti, che hanno scritto una lettera riportata dal Resto del Carlino.

Ecco il testo: “Appartengo alla categoria dei docenti che hanno dovuto annoverare, tra le dolorose esperienze di vita, anche la morte prematura di un proprio allievo e che si sono sentiti impotenti di fronte a una tragedia inopinata.

Potrei aggiungere che ho un’alta professionalità certificata, una profonda passione per il mio lavoro e un altrettanto profondo rispetto per le giovani menti che ho il compito di formare (non di addestrare), a cui regolarmente mi affeziono, ma tutto ciò pare non basti per ottenere il rispetto sociale: nonostante gli esperti affermino (noi li interpelliamo spesso, sa?) che il riconoscimento del disagio e la prevenzione dei gesti estremi siano materia delicatissima e sfuggente a modalità stereotipate e prevedibili, sembra che a volte si pretenda che possediamo i ‘superpoteri’ per ipotizzare e capire oltre la realtà umanamente percettibile.

C’è anche chi afferma pubblicamente che i ragazzi si suicideranno finché noi non riusciremo a vedere ciò che è occulto e a prevedere il futuro più e meglio dei loro genitori, dei loro amici intimi, dei loro medici, dei loro sacerdoti. Chiedo allora ai lettori: essere delegittimati socialmente (improduttivi, antipatici, impiccioni se chiediamo collaborazione, deboli se veniamo accortamente insultati) è un incentivo per gli adolescenti a considerarci efficaci interlocutori e, magari!, solutori dei loro problemi extrascolastici? Perché dovrebbero fidarsi di una categoria che molte loro famiglie mal sopportano o disprezzano?

La sensazione più diffusa è che siamo isolati di fronte a tutto quanto la società non sa gestire e che trovare un facile capro espiatorio per ogni situazione non giovi davvero a nessuno. Certamente ci sentiamo isolati nel dolore (sì, lo proviamo ancora) per aver perso una splendida giovane mente che amava molto studiare con noi“. Firmato: Gli insegnanti del liceo classico ‘Morgagni’ di Forlì.

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