Studente critica Alternanza scuola-lavoro. Consiglio di Classe, non abbiamo dato 6 in condotta

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Non c’è mai stato dato alcun sei in condotta e comunque l’intento della nostra scuola non era punitivo, né ideologico. E’ questo il senso di un comunicato con il quale il Consiglio di Classe della 4A Elettronica dell’Iti Da Vinci di Carpi, in provincia di Modena, interviene sulla vicenda dello studente che aveva criticato la propria esperienza di alternanza scuola lavoro.

I docenti della classe dell’alunno hanno fanno sapere che “la valutazione dell’alternanza è prerogativa del Consiglio di Classe e non del Dirigente scolastico”, che “non è stato assegnato alcun sei in condotta, visto che la valutazione di comportamenti a scuola viene fatta in occasione degli scrutini solo a gennaio e a giugno, mentre il Consiglio tira semplicemente le somme delle esperienze di alternanza”, che “al termine dello stage il tutor assegna un punteggio ai vari indicatori dell’esperienza compiuta in azienda”.

I docenti ricordano pure che anche le aziende sono valutate in base alla qualità del percorso offerto ai singoli studenti e rifiutano “la strumentalizzazione politica che è stata fatta della vicenda”. Si possono avere “opinioni favorevoli oppure contrarie” sull’alternanza, proseguono i professori, “ma lo sforzo della nostra scuola è, finché permane l’obbligo, di realizzarla nel miglior modo possibile”. E ancora: “Nessuna valutazione è stata assegnata con logica punitiva o per motivazioni ideologiche o politiche”, insistono i docenti del consiglio di classe, che riportano le valutazioni degli studenti in occasione dell’alternanza: solo il 4,3 per cento è negativo per le quinte e il 7 per cento per le quarte. Il giudizio ottimo si attesta o supera invece il 37 per cento”.

Sul caso è intervenuta l’assessore comunale all’istruzione, Stefania Gasparini: “Ringrazio l’istituto Da Vinci – ha spiegato – per il chiarimento giunto con un comunicato che mette finalmente fine a polemiche strumentali e che si sono trasformate anche in attacchi personali, e alla propalazione sui social network di inesattezze e vere e proprie notizie false scritte apposta per mettere in cattiva luce la scuola, i dirigenti e i professori. Ringrazio gli studenti, la scuola e la dirigenza dell’istituto che anche in questa occasione hanno sottolineato la qualità del lavoro svolto quotidianamente con risultati, come mostrano anche i numeri contenuti nella nota inviata alla stampa questa mattina, assai positivi e verificabili quotidianamente nei fatti. Come amministrazione comunale continueremo così come fatto in questi mesi a renderci disponibili ad accogliere studenti all’interno dei progetti di alternanza scuola-lavoro e ad aiutare le imprese a intraprendere un reale percorso formativo per questi ragazzi”.

Anche i rappresentanti degli studenti dell’Istituto carpigiano erano intervenuti sulla questione con un comunicato apparso sul sito della scuola. Dicono di scrivere “questa lettera a nome degli studenti e anche del ragazzo da cui è partita tutta la vicenda”. Ma il ragazzo in questione non ci sta e prima con un video apparso ieri l’altro su Facebook e oggi in una lunga intervista su La Repubblica, nel confermare le accuse prende le distanze da questo comunicato fatto anche a proprio nome dai rappresentanti, aggiungendo che in proposito aveva chiesto loro di rettificare ma che non lo hanno fatto. Ma torniamo al documento: “Pensiamo sia doveroso nei confronti di tutti, e soprattutto nei confronti delle aziende che ogni anno ci ospitano in alternanza – proseguono i rappresentanti – far luce su questa vicenda che, agli occhi di tutti, è passata come una privazione dei diritti dello studente e con una posizione talmente severa da scatenare un boom mediatico che ha danneggiato pesantemente la scuola, che – ricordiamo – è formata principalmente da studenti, quindi ha danneggiato in primis appunto noi. Intendiamo prendere le distanze da quanto affermato da sindacati e comitati vari, in quanto crediamo che l’organizzazione scolastica – a nostro parere – sia perfettamente disponibile nei nostri confronti, e riteniamo che il sistema di alternanza scuola lavoro sia organizzato al meglio nella nostra scuola, in modo da rendere il più possibile educativa e interessante l’esperienza dello studente in stage. L’Istituto è stato attaccato in un modo che va oltre il limite, e per questo abbiamo deciso di prendere posizione, volendo difendere la struttura che ci sta formando e anche quel sistema (cioè l’alternanza scuola lavoro) che a noi proprio non dispiace”. Secondo gli studenti rappresentanti “questa vicenda è stata davvero troppo strumentalizzata, ed inoltre ha assunto toni eccessivamente offensivi nei confronti di un preside e di un corpo docenti che dedicano passione e impegno a una scuola come la nostra, e forse è questo che fa più male di tutto, l’accanimento verso persone che non hanno fatto altro che far rispettare le regole, come è giusto che sia”.

Dicevamo dell’odierna intervista dello studente al quotidiano La Repubblica. Qui lo studente rilancia il termine sfruttamento. “Il termine sfruttamento – spiega al giornalista Marcello Radighieri – deriva dal fatto che lo studente svolge una mansione assolutamente gratuita senza ricevere, dal mio punto di vista, nulla in cambio. Ci dicono che serve a sviluppare competenze trasversali e che è un’opportunità per trovare lavoro al termine dello stage, ma la realtà è che molte aziende – non tutte ovviamente – ci lucrano sopra e hanno un tornaconto enorme. Io mi sono sentito sfruttato, perché ho svolto una mole di lavoro non indifferente senza ricevere nulla in cambio”. E ancora: “Mi hanno messo a lavorare in una catena di montaggio. La mia mansione era premere un bottone e mettere un’etichetta. Questo per otto ore al giorno e per tre settimane. Un lavoro estremamente ripetitivo e poco formante. Io e il mio compagno abbiamo chiesto di essere assegnati ad altri compiti, chiedendo anche di seguire il lavoro degli ingegneri, ovviamente senza disturbare. Ma non ci è stato permesso”. E quando l’intervistatore gli ricorda che il preside gli aveva chiesto un confronto, lui risponde che avrebbe voluto spiegare le proprie ragioni “e chiarire la faccenda, ma hanno semplicemente cercato di convincermi di quanto fosse bella la mia situazione”.

L’intervista a Repubblica

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