Strategie didattiche e la figura del docente. Lettera

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La figura del docente, oggi, tanto vituperata, tanto bistrattata, tanto annichilita dalla società è stata ancora di più de istituzionalizzata, impoverita nella sua funzione da tante tecniche e pratiche didattiche che si presentano belle da vedere ma, a volte, vuote di contenuti.

 Su questa base la scuola sta ormai perdendo la bussola, ridotta a brandelli e, quindi, svuotata dei suoi contenuti essenziali, ossia di ciò che serve effettivamente all’alunno per diventare un essere agente e pensante. Gli alunni vanno “infiammati” di gocce di sapere e di contenuti disciplinari che devono essere ben assimilati e ben digeriti. Invece la didattica che, in questi anni, si è venuta propinando altro non è che una didattica leggera, futile, liquida, che toglie all’alunno un aspetto fondamentale per la sua crescita e formazione personale: il senso critico. Lo annulla.

Gli studenti di oggi non sono abituati più ad avere un senso critico, a ragionare sulle cose, a capire e confrontare le cause e gli effetti di certe argomentazioni storiche, sociali, letterarie. E, invece, di sviluppare queste tecniche didattiche che abituano gli alunni alla riflessione e all’argomentazione, a far acquisire quel giusto senso critico si vanno diffondendo strategie didattiche come la “Flipped classroom”, ossia la tanto deificata “classe rovesciata” che, in qualche modo, pone sempre più in secondo piano la figura dell’insegnante rispetto a quella dell’alunno.

Insomma una strategia di ricerca-azione, tutto sommato positiva, se applicata in determinati contesti scolastici, ma non in tutti. È vero che al centro dell’azione didattica deve essere posto l’alunno perché è lui il destinatario finale, ma non corriamo troppo e lasciamo solo e abbandonato il povero docente che è sempre, lo ricordiamo, il mediatore e il facilitatore di tutti i processi di apprendimento.

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