Storia di ordinaria ingiustizia nel reclutamento scolastico. Lettera

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inviata da Cecilia Regni – L’ingiustizia in Italia è all’ordine del giorno. Articoli e notizie alla tivù ne parlano e sono lo spunto quotidiano per accesi dibattiti nei più vari contesti sullo stato dei fatti nel nostro paese. Anche la Signora X del sindacato, e loro se ne intendono di ingiustizie, mi ha comunicato con rammarico: “verrà bandito un concorso scolastico per non abilitati e a volte anche non laureati, le sembra giusto?”

Anche l’Ufficio scolastico regionale per l’Umbria ne è al corrente e il Signor X, quando chiamo per avere chiarimenti dice: ”per il Ministero dell’Istruzione italiana me e lei contiamo solo come numeri” e questa è una grande ingiustizia. Esiste però un’altra forma di ingiustizia, quella sopportabile, sottile, quella legalizzata.

L’ingiustizia che prende altre sembianze e viene celata dietro ad altri nomi: flessibilità, adattabilità, corso degli eventi, gavetta. Quella che il Signore e la Signora X conoscono bene e di cui purtroppo finiscono per essere solo semplici portavoce. Di questa ingiustizia non ingiusta ho iniziato a fare esperienza dal 2014, ma oggi faccio ancora fatica a riconoscerla e a sentirmene vittima.

Come altri studenti della mia generazione (classe 1985), durante il fiorire del sogno europeo, ho scelto di iscrivermi a Lingue straniere presso l’Università di Perugia e lì mi sono laureata nel 2008. Avendo coltivato lo studio della lingua tedesca ho deciso di continuare il mio percorso accademico in Germania e li mi sono specializzata nel 2011, all’Università di Potsdam.

Nonostante all’epoca l’occupazione in Italia stesse raggiungendo i minimi storici, ero attratta dalla sfida di tornare a casa e lavorare nel mio paese.

Sono tornata e la vocazione per la scuola, prima solo uno tra tanti possibili scenari lavorativi futuri, è diventata realtà. Insegnare tedesco, questo era ed è quello che voglio fare. Prima occasione per rendere realtà il mio progetto, il TFA del 2014. Per avere un piano B e C però ho provato anche i tre esami di ammissione per Lingua Inglese e per Musica, dato che ho un diploma in pianoforte (conseguito presso il Conservatorio “S. Cecilia” di Roma), dando in totale 9 esami e superandone 8. Accesso a Lingua Tedesca e Musica. Quale strada percorrere? Tedesco, questo è quello che voglio.

E poi in ogni caso, avrò la possibilità di portare avanti Musica l’anno successivo, congelando il mio risultato positivo (purtroppo però non ci saranno più altri TFA).

Finito il durissimo percorso di abilitazione, investimento cospicuo di soldi, tempo e energie, sono finalmente abilitata e insegno due anni presso l’ISISS “R. Casimiri” di Gualdo Tadino, molto vicino a casa mia, Gubbio dista infatti solo 20 km. Arriva finalmente il concorso del 2016. Purtroppo non viene bandito per la regione Umbria, per la mia classe di concorso e la mia scelta ricade su una delle regioni vicine, l’Emilia Romagna.

Supero lo scritto, ad Adria, supero l’orale, a Rovigo, sono dentro, sono riuscita a saltare sull’ultimo treno in corsa, l’ultimo concorso, come dicono tutti i sindacati. Forse la più dura selezione concorsuale mai conosciuta nella storia della scuola italiana, sia per modalità che per contenuti.

Purtroppo però non vengo immessa in ruolo subito, questo accadrà solo a Settembre 2017. Per fortuna la scuola che ho potuto scegliere è quella più a sud della regione, l’IPSSEOA “S. Savioli” a Riccione, solo 125 km da casa.

Ho varie ipotesi: trasferirsi lì, chiedere il part-time oppure sfruttare il congedo frazionato che ancora ho per intero (ho un figlio di 5 anni). Ma infine il giorno in cui prendo servizio decido di fare richiesta al dirigente di un part-time verticale. La segretaria X è arrabbiata “voi venite dal sud a cercare lavoro e poi pretendete il part-time.” Spiego che avrei il congedo frazionato, ma è più difficile da gestire per la segreteria e io non voglio creare problemi. Ottengo il part-time, 11 ore che vengono distribuite, dopo circa due mesi, su tre giorni. P

erò ho sette classi (alcune sono articolate) e devo fare su e giù molto spesso, con scrutini e consigli di classe su sette giorni. Dovrò anche affrontare gli esami di maturità da interna, con solo tre alunni. Però tutto passa, i quasi 300 km al giorno diventano quotidianità e ascoltare la radio, in fondo, è un grande arricchimento, i colleghi sono bravissimi e tutto finisce per il meglio. Supero l’anno di prova, anche come automobilista (quasi 40.000 km percorsi).

Durante l’anno scolastico è successo però qualcosa che ha turbato la mia tranquillità, è stato bandito un concorso non selettivo per i soli abilitati e questa volta per la mia classe di concorso ci sono posti in Umbria. Di nuovo un ultimo treno deve essere preso al volo altrimenti rischio che i nuovi vincitori, non vincitori nel 2016 fuori regione, mi passino avanti. Forse sarebbe stato meglio non aver vinto il concorso precedente? Questa volta siamo a Prato, Agosto 2018, per sostenere la prova orale. Vinco anche questo concorso, il tanto agognato posto in Umbria ce l’ho garantito. Penso però che non sarà questa la via del mio rientro in Umbria.

Quest’anno ho avuto l’assegnazione provvisoria sempre a Gualdo Tadino, non avendo avuto il trasferimento, ma il prossimo anno lo otterrò sicuramente. Infatti il 24 Giugno 2019, pochi giorni fa, il mio nome è tra i traferiti. Penso che sia giusto così, dato che Cecilia Regni, che deve essere trasferita e Cecilia Regni, che ha vinto il concorso per l’Umbria, sono evidentemente la stessa persona. Il trasferimento mi permetterà di fare domanda di assegnazione provvisoria e magari avrò continuità didattica.
Oggi è il 10 Luglio e da poco sono riuscita a scoprire che il mio trasferimento è stato revocato; per un errore tecnico a livello nazionale infatti, nel sistema non sono stati inseriti i posti accantonati per i vincitori del concorso 2018.

Questo accade dopo aver festeggiato il trasferimento con la mia famiglia e averlo comunicato un po’ a tutti. A questo punto non potrò chiedere l’assegnazione provvisoria in una sede più vicina a casa. Per fortuna però non dovrò ripetere l’anno di prova e potrò magari usufruire dei quasi sei mesi di congedo parentale frazionato, che non ho mai potuto chiedere negli anni di pre-ruolo in cui, con un bambino piccolo, forse ne avrei avuto davvero bisogno. Questa mattina l’ennesima notizia. Dovrò ripetere i 180 giorni dell’anno di prova, ma forse fortunatamente, come dicono i sindacati, non i corsi di formazione.

Sono nel sistema scolastico da pochi anni, ma ogni anno mi chiedo cosa ho sbagliato, cosa non ho fatto al meglio lungo il mio percorso. O forse è questione di scelte. Avrei dovuto scegliere di insegnare un’altra lingua straniera (per tedesco ci sono pochi posti)? Avrei dovuto scegliere di specializzarmi nel sostegno (“se vuoi essere dentro è l’unica strada”, come mi consigliavano i sindacati)? Avrei dovuto fare altri figli per avere più punti?

Si può sicuramente ancora dire che in ogni caso sono fortunata e privilegiata, che sono tutte esperienze di flessibilità e adattabilità, che si tratta della necessaria gavetta, perché sono giovane e i posti sono pochi e questa volta sarò nella mia regione, probabilmente a Spoleto, solo a 90 km da casa, ma è veramente questo il punto?

Non mi sento un “caso umano” ma forse sono la variabile non contemplata di un sistema che si muove tra le vecchie rigidità delle leggi scritte, con la connessa flessibilità dei ricorsi a strascico, e le nuove impersonali gabbie dei sistemi informatici che non prevedono l’intervento del fattore umano. Forse, questa volta, farò anch’io ricorso?

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