Star bene, star male a scuola. Il primo passo è prendersi cura degli insegnanti

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Le riflessioni del Dirigente Scolastico Giovanni Testa sullo star male, star bene a scuola. Aver cura delle persone che, nella scuola, sono chiamate a prendersi cura dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze, dei nostri bambini e delle nostre bambine.

Giovanni Testa, Dirigente Scolastico – Al disagio delle famiglie, con l’evaporazione della figura paterna, sembra fare eco il disagio dell’insegnante, che vive, in molti casi, l’evaporazione del suo ruolo di educatore e del suo “potere” di “contare”…Tanto mentre la politica e la società riducono sempre più il “credito” alla scuola in quanto luogo di costruzione privilegiato del futuro.

Così in questa società liquida e complessa cresce il disorientamento dei nostri ragazzi, privi di significativi punti di riferimento, in quanto a valori, prospettive, persone capaci di “affascinare” … E contemplando “in maniera sgomenta la pochezza del mondo degli adulti” molti adolescenti adottano un disinvestimento massiccio da qualsiasi impresa evolutiva, che prende la forma della noia (Pietropolli Charmet, 2008). Così 1 ragazzo su 4 dichiara di non trovare il senso di andare a scuola, si annoia e manifesta problemi di relazione con i docenti e i compagni… E intanto resta sempre alto il numero degli abbandoni scolastici: il 17% in Italia a fronte del 12% dell’Europa, mentre fanno parte della cronaca quotidiana i segnali di disagio, finanche di violenza, che sempre più spesso toccano la vita delle nostre scuole. Ma ancora più preoccupante, per quanto celato alle cronache, il dato dei 400 ragazzi che all’anno si suicidano!

E i docenti…?

Non meno preoccupante è il quadro che ne vien fuori.. Tra i dipendenti pubblici che chiedono l’inabilità al lavoro per motivi di salute, «le stime dicono che l’80% dei docenti dichiarati inidonei all’insegnamento hanno sviluppato patologie psichiatriche, nella stragrande maggioranza di tipo ansioso-depressivo, derivanti dello stress legato alla professione…. A causa di questo, poi, c’è un cedimento del sistema immunitario…” con immaginabili conseguenze di gravi altre patologie (Vittorio Lodolo D’Oria)

Per quanto non sia facile quantizzarne l’incidenza, le organizzazioni scolastiche coprono un ruolo decisamente importante tra le cause dell’insorgenza del disagio dei ragazzi e dei docenti. Un malessere che è essenzialmente “relazionale”. Tanto nella gestione dei gruppi classe, che nella relazione con i colleghi e con le famiglie. E tralascio qui la realtà gravosa dei dirigenti scolastici, per i quali le ricerche ufficiali ancora non danno la necessaria attenzione ai loro livelli di burnout.

Come se ne esce allora?

Intanto se ne esce “insieme”. Perché nessuno può pensare di salvarsi da solo! Ed insieme ripartire dalle persone….dai loro bisogni, dai loro desideri, dalle loro passioni…

E ritrovare, come uomini e donne di scuola, il “senso” del nostro lavoro, la sua dignità, il suo valore. Ma poi recuperare quel sentimento della cura che è parte inscindibile della relazione educativa, così come di ogni relazione personale e interpersonale. Questo è, secondo me, il punto centrale: Aver cura delle persone che, nella scuola, sono chiamate a prendersi cura dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze, dei nostri bambini e delle nostre bambine.

A questo siamo chiamati sicuramente come genitori, che ogni mattina, sull’uscio della scuola, “affidiamo” i nostri figli ai loro insegnanti. Siamo chiamati in causa soprattutto come Dirigenti scolastici. E non solo perché la legge ci vede responsabili della sicurezza e della salute dei nostri “dipendenti”. Ma perché la vera ricchezza di un’organizzazione scolastica è proprio il capitale umano di cui dispone: sono i nostri insegnanti, oltre che il personale di segreteria e collaboratori scolastici. Persone a cui affidiamo la formazione ed il benessere dei nostri ragazzi. Recuperare il tempo della cura per i nostri insegnanti diventa dunque necessario, per quanto, come DS, siamo sempre più segnati dal “lavoro d’ufficio”.

Il sentimento della cura verso gli altri non deve condurci a dimenticarci di noi stessi. Né come docenti, né come DS. Perché, per quanto sia arduo, ognuno di noi ha bisogno di prendersi cura di se stesso. Tanto più se si è leader, in quanto insegnante nel proprio gruppo classe, tanto più se si è a capo, in quanto DS, di un’organizzazione scolastica. Solo così potremo ritrovare il senso e la bellezza del nostro lavoro ed insegnare ai nostri ragazzi ad vere cura di sè stessi, aiutandoli a dare significato a questo presente che reclama futuro, facendo venire a loro la voglia di stare a scuola, dove possono trovare attenzione ai loro cuori, prim’ancora che alle loro teste…

Si tratta allora di provarci, sapendo di correre il rischio di fallire…! Si tratta di cogliere e rischiare il cambiamento possibile.

Un cambiamento necessario ….

Perchè oggi il punto non è tra cambiare o non cambiare, ma tra cambiare o lasciare cambiare, tra l’essere attori o comparse sua questa scena della vita personale e professionale … Il cambiamento è doveroso e soddisfacente….perchè …“Agire per cambiare il lavoro e l’ambiente pedagogico significa battere l’alienazione e la solitudine, battere la disperazione con la speranza e riappropriarsi del diritto al desiderio”. (G. Contessa, 1977)

Non mancano, ovviamente, le resistenze anche al cambiamento:

“..è colpa della politica, … mancano le risorse …, gli stipendi sono inadeguati, …. l’organizzazione scolastica è carente, … le famiglie non si fidano più, ….. i colleghi sono fonte di stress, ….. il Dirigente che non funziona….” 3 Tanti sono tanti i fattori che condizionano pesantemente le nostre scelte, il nostro stare e fare scuola. Per quanto sia vero tutto ciò, è altrettanto vero che lamentarsi serve a ben poco, mentre facilmente ci si dimentica della “quota di potere” che noi ogni giorno possiamo agire. Sì, perché c’è un luogo, quello micro, quello piccolo, delle nostre relazioni interpersonali, nei gruppi classe, nei nostri team, nei nostri plessi, nelle nostre scuole, dove forse possiamo provarci… Provare a star bene….Perchè ognuno di noi è portatore di un bisogno, di un progetto, di un diritto ad essere felici …Anche sul lavoro, a scuola…E perché no…! D’altra parte, se è vero, citando Spaltro, che “Benestanti non si nasce, ma si diventa”, questo vuol dire che si può imparare a star bene e dunque anche ad insegnarlo…

C’è speranza dunque..! Ed allora…quali gli strumenti per agire il cambiamento possibile?

Il gruppo è di certo lo strumento principe e il fine stesso del cambiamento. Il piccolo gruppo …”fonte e teatro del potere”, dove si può imparare a sperimentare la parità, la democrazia, la solidarietà, la forza dell’uscirne insieme….Perchè due è meglio di uno …e tre è meglio di due… Il piccolo gruppo….dove si può sperimentare la durezza dell’inverno e l’euforia della primavera, la fatica e la bellezza delle relazioni…Il bellessere.. E nell’organizzazione scolastica, più che altrove, proliferano i piccoli gruppi, nei quali quotidianamente ci troviamo a navigare e in essi trascorriamo gran parte della nostra vita personale e professionale:i gruppi classe, i team docenti, le interclassi, gli staff del DS, i dipartimenti, le commissioni…, etc.

L’altro “strumento” per favorire il cambiamento è certamente la Formazione. La Formazione quale ”palestra” dove possiamo imparare ad essere “benestanti”… Luogo dove possiamo sperimentare la possibilità di cambiare ed esserne contenti. Dove si può imparare anche giocando e dove giocandosi rischiare di star bene con i nostri colleghi. E poi ritornare a casa un po’ cambiati, di certo più “ricchi di me”… come ha scritto una corsista alla fine di un laboratorio sui gruppi. Parlo anche della Formazione che aiuta e promuove gli sguardi sull’organizzazione scolastica per cogliere quelli che Aladino chiama “I linguaggi della notte”. Sono le percezioni, i desideri, il sentimento di fiducia e di giustizia, le lotte per il potere … E’ quell’“essenziale che è invisibile agli occhi”. Parliamo del clima, che condiziona pesantemente gli obiettivi, i processi, gli esiti, di un’organizzazione.

La Formazione dunque quale leva preziosa per il cambiamento possibile

Fin qui gli spunti di riflessione attorno al tema dello star bene/star male a scuola. Un tema che merita secondo me, di trovare posto nei dibattiti, nei Convegni, nelle indagini, nei processi di autovalutazione, nei Piani di formazione dei Collegi dei docenti. Condividere tale riflessione risponde ad un bisogno mio, di uomo di scuola, tanto più DS, impegnato nella ricerca di possibili “vie di uscita” da quell’angolo in cui vedo sempre più arretrare la Scuola. Una condivisione necessaria per provare a costruire prospettive altre e nuovi approcci al tema del malessere che segna le nostre scuole.

Per questo dico che la scuola ha bisogno di nuovi occhi, di nuovi sguardi, ma anche di tanta fiducia in sé, per recuperare lo spazio e il tempo della cura. Sì, ….il tempo …

Perché c’è tempo…c’è tempo …. (I. Fossati)

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