Sostegno: continuità didattica se ci sono immissioni in ruolo e obbligo a seguire alunno per intero segmento d’istruzione

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La continuità didattica e l'attribuzione delle necessarie ore di sostegno continuano ad essere i principali problemi che rendono difficoltoso il processo d'inclusione e d'apprendimento degli alunni disabili frequentanti le nostre Istituzioni scolastiche, sebbene il nostro sia uno dei migliori sistemi di inclusione a livello europeo.

La continuità didattica e l'attribuzione delle necessarie ore di sostegno continuano ad essere i principali problemi che rendono difficoltoso il processo d'inclusione e d'apprendimento degli alunni disabili frequentanti le nostre Istituzioni scolastiche, sebbene il nostro sia uno dei migliori sistemi di inclusione a livello europeo.

L'inizio del corrente anno scolastico è stato caratterizzato non solo dalla mancata copertura dei posti di sostegno da parte di personale a tempo indeterminato, ma anche dalla difficoltà a reperire supplenti specializzati e non. A ciò si aggiungano i numerosissimi cambi di docenti nel corso dell'anno a causa della tardiva pubblicazione degli elenchi aggiuntivi di sostegno (II fascia graduatoria d'Istituto), con la conseguente stipula di contratti sino all'avente diritto e il conseguente cambio dopo la pubblicazione delle nuove graduatorie.

Sono due, comunque, le principali problematiche afferenti al sostegno, come suddetto:  la mancata attribuzione di tutte le ore previste nel P.E.I e il numero elevato di posti attribuiti a supplenza.

Le famiglie degli allievi disabili sono spesso costrette a ricorrere ai tribunali per ottenere le ore di sostegno spettanti ai propri figli, problema che riguarda anche alunni che si trovano in situazione di disabilità grave.

Nei giorni scorsi, il MIUR ha fornito i dati relativi al numero dei docenti di sostegno operanti nelle nostre scuole; tali dati mostrano che in diverse Regioni, come il Veneto, la Lombardia, la Liguria, l'Abruzzo, le Marche e l'Emilia Romagna  mancano quasi due insegnanti di sostegno a scuola, mentre nelle restanti Regioni ne mancano in media 1.85 a scuola.

Secondo il sindacato ANIEF la responsabilità della mancata attribuzione delle ore di sostegno previste nel P.E.I. sarebbe da attribuire agli Uffici Scolastici Regionali.

La nostra redazione ha affrontato il medesimo problema,  evidenziando che nell'attribuzione delle ore di sostegno il problema deriva sia dalla normativa nazionale sugli organici sia dal meccanismo secondo cui le scuole chiedono i posti di sostegno sulla base dei piani educativi individualizzati dei singoli alunni e poi ricevono un monte ore complessivo (cioè dei posti di sostegno) destinato non ai singoli alunni, come da richiesta, ma alla scuola nel suo insieme.

Ricorsi in tribunale per ottenere le ore di sostegno: modificare criteri per organico di diritto. Nocera: formare i docenti curricolari.

Il secondo problema, come suddetto, è l'impossibilità di assicurare agli allievi disabili quella continuità didattica che risulta essere un fattore determinante per favorirne il successo formativo. Tale problema scaturisce dal fatto che numerosi posti di sostegno sono attribuiti a docenti con contratto a tempo determinato: la Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap (FISH) ha stimato che quasi il 40% dei posti sono coperti tuttora da docenti precari, come riportato in un articolo de Il Fatto Quotidiano.

Il Piano straordinario di immissione in ruolo, previsto e realizzato dalla legge n. 107/2015, non ha risolto, con le circa 25.000 assunzioni effettuate sui posti di sostegno, il suddetto problema.

Un'ulteriore delusione in tal senso è arrivata dal numero dei posti, che saranno banditi per il sostegno con il prossimo concorso: 5.766 (in tre anni), quando se ne aspettavano almeno il doppio.

I numeri sopra riportati non garantiranno di certo la continuità didattica e faranno in modo che si perpetui il sistema attuale, sulla base del quale la maggior parte degli allievi disabili sono costretti, ogni anno, a cambiare docente di sostegno e a ricominciare tutto da capo (relazione educativa, nuovo metodo di insegnamento, relazione docente-classe-alunno disabile …).

Nonostante ciò, un "ancora di salvezza" potrebbe arrivare dalla riforma del sostegno che la legge n. 107/2015, comma 181 lettera C,  ha delegato al Governo, fermo restando che bisognerà procedere comunque all'assunzione di un numero maggiore di docenti, in modo da abbassare considerevolmente l'attuale percentuale di posti attribuiti a supplenza. 

Il progetto di riforma, presentato dal sottosegretario Davide Faraone lo scorso mese di ottobre, si fonda su quattro aspetti principali:

  • formazione degli insegnanti e continuità educativa;
  • garanzia dei diritti degli alunni;
  • migliore organizzazione territoriale;
  • rapporti con le famiglie”.

Ne abbiamo parlato nell'articolo " Riforma del sostegno: ecco come cambierà l'inclusione dei disabili a scuola ".

Il progetto di riforma si rifà ad una proposta di legge presentata dalla FISH, la cui rivendicazione principale riguarda proprio la necessità di garantire agli allievi disabili la continuità didattica.

Prima della presentazione del progetto di Riforma era stata avanzata la proposta, che in seguito sembra essere stata abbandonata, del vincolo decennale sui posti di sostegno al fine di evitare di utilizzare la "via"del sostegno come scorciatoia per anticipare i tempi di immissione in ruolo.

Indipendentemente da quella che sarà la riforma nel suo complesso, sembrano essere tre i provvedimenti che costituiscono la condizione senza la quale risulterà impossibile garantire la tanto declamata continuità didattica:

  1. la modifica dei criteri di costituzione degli organici di diritto a livello nazionale;
  2. l'assunzione di un numero elevato di docenti di sostegno;
  3. l'obbligo del docente di seguire l'alunno per lintero segmento d'istruzione seguito (infanzia, primaria…).

Il vincolo, pertanto,  non deve essere tanto legato ad un numero predeterminato di anni quanto al percorso dell'alunno: un docente di scuola media, ad esempio, dovrebbe poter chiedere la mobilità professionale e/o territoriale dopo che l'allievo consegua la licenza media; allo stesso modo un docente di scuola primaria dovrebbe poter chiedere la mobilità professionale e/o territoriale dopo che l'allievo termini la classe quinta.

Solo in tal modo, sarà possibile garantire la continuità didattica e realizzare pienamente l'inclusione scolastica degli allievi in situazione di disabilità. Ma sulla correttezza o meno di questo "vincolo" il dibattito è ancora aperto.

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