Sostegno, Bruschi: necessari corsi di specializzazione. Inopportuno escludere a priori i DM

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L’ispettore del Miur, Max Bruschi, è intervento con un lungo post su FB riguardo ai docenti di sostegno, per evidenziare le carenze di organico e la necessità di avviare al più presto i corsi di specializzazione, anche secondo la vecchia disciplina.

Bruschi, inoltre, ha posto il problema dei diplomati magistrale, i quali non possono partecipare ai nuovi percorsi di specializzazione, ai sensi dell’articolo 12 del D.lgs. 66/2017, ove leggiamo:

Accedono al corso esclusivamente gli aspiranti in possesso della laurea magistrale a ciclo unico in Scienze della Formazione Primaria che abbiano conseguito ulteriori 60 crediti formativi universitari relativi alle didattiche dell’inclusione oltre a quelli gia’ previsti nel corso di laurea…

Ecco il post dell’Ispettore:

Se mi chiedessero quale atto urgente andrebbe adottato nel settore scuola, non avrei molte esitazioni. Interverrei subito sulle specializzazioni sul sostegno. L’Italia ha compiuto, non da ieri, scelte precise sull’integrazione degli alunni con disabilità e propone, in linea generale, un modello di scuola inclusivo. L’una e l’altra strategia richiedono uno standard professionale adeguato per la generalità dei docenti. Ma il modello italiano richiede, altresì, la presenza di un numero elevato di insegnanti di sostegno con il titolo di specializzazione, viste non solo le migliaia di posizioni assegnate ogni anno sulla base di criteri che nulla hanno a che fare col SOS, ma la possibilità di creare “cattedre miste” su reciproco accordo tra DS e insegnante curricolare e l’opportunità di avere un sempre maggior numero di docenti che “parlano la stessa lingua”.

Bene. La scuola italiana vive, al contrario, una cronica mancanza di insegnanti in possesso del titolo. I contingenti di anno in anno autorizzati per le specializzazioni non hanno tenuto conto di un turn over che deriva in maggior misura dai passaggi di ruolo che dai pensionamenti. Attenzione. Ciò non vuol dire svendere la specializzazione tre palle a un soldo, o inerpicarsi lungo le strade didatticamente perigliose (e ahimé già battute) delle “riconversioni”. Né può voler dire, al di là di richiedere una adeguata preparazione a tutti i docenti curricolari, pretendere di trasformare tutti gli insegnanti in insegnanti di sostegno. Deve voler dire, invece, fissare da un lato lo standard professionale e il percorso formativo relativo; dall’altro garantire a tutti coloro i quali, per i motivi più svariati, desiderano acquisire la specializzazione, la possibilità DI CONCORRERE per conseguirla. Perché la specializzazione ha la necessità di criteri selettivi in accesso e di percorsi di qualità. In caso contrario, i processi diventano “cartacei”.

Ora, i decreti legislativi 59/2017 e 66/2017 producono, a mio modestissimo avviso, due effetti gravidi di conseguenze. I primi percorsi di specializzazione FIT (secondaria) partiranno nell’anno accademico 2019/20. Sino all’anno scolastico 2020/21, non ci saranno specializzati, che peraltro, a meno di modifiche, nel 2020/21 saranno scarsamente impegnati sul SOS perché ancora “in formazione”. Per il personale di ruolo che voglia transitare, sono previsti “percorsi” non meglio definiti, con automatismi sui quali occorrerebbe riflettere. Sull’infanzia e primaria, la situazione è paradossale. E’ stata inibita la possibilità di acquisire il titolo ai DM; i laureati in SFP, nel cui percorso sono inseriti crediti formativi e periodi di tirocinio specifici sui BES (e non sugli alunni con disabilità… la differenza va comunque evidenziata) dovrebbero aggiungere altri 60 CFU (senza alcuna declaratoria: il parere del CUN individua solo i codici disciplinari) prima di poter accedere a un percorso di ulteriori 60 CFU.

Si è ben pensato di chiudere, con il terzo ciclo, i percorsi SOS ex DM 249/2010. Sarà che ciascuno, ovviamente, tiene alle proprie piume, ma non ho capito il perché. Non è che allungando i percorsi la qualità, di per sé, migliora. E non è ovviamente stata fatta, prima di procedere, una analisi qualitativa degli attuali percorsi. Lo standard previsto (frutto non delle elucubrazioni del sottoscritto, ma di alcune eccellenze nel campo della didattica speciale, accademica e SCOLASTICA, che ho avuto l’onore di mettere attorno a un tavolo) è adeguato, o no? Danno o meno, i percorsi, lo standard richiesto? E, se per ipotesi non lo dessero, è così in tutte le sedi, o invece la qualità cambia a seconda degli Atenei? Sono considerazioni che un politico, o un tecnico, dovrebbe avere ben presenti, prima di operare. Resta che per infanzia e primaria, in un ambito cioè ESSENZIALE, si prospetta un ulteriore buco di specializzati. Ben che vada, non ci saranno nuovi specializzati sino all’anno 2020/21, mentre ovviamente fioccano le offerte degli “intermediari” per l’estero.

Vorrei che si riflettesse. Vi sono ragioni “vere” per non attivare un ulteriore ciclo sul sostegno ex DM 249/2010, dedicato ai docenti abilitati e ai docenti già di ruolo? I tempi ci sarebbero tutti, la necessità pure.
Per la secondaria si tratterebbe di anticipare i percorsi ex FIT, senza incidere sul contingente del “corso concorso”. Per la primaria, di dare una possibilità immediata e di evitare un inutile appesantimento del percorso. Non è aggiungendo crediti che “si fa” un insegnante migliore, ma lavorando sulla qualità degli stessi. Casomai, una integrazione di crediti propedeutici andrebbe prevista per i DM (con un sillabo preciso: perché così come attualmente previsti, si tratta di andare a raccattarli tra le varie “offerte speciali”), visto che l’unico vero problema dei corsi attuali è che il “disallineamento” delle conoscenze di base tra i partecipanti portava a dover ripetere contenuti che fanno già parte della cassetta degli attrezzi di un laureato in SFP.

Per inciso. Insegno da sempre in quei percorsi. La qualità degli insegnanti di infanzia e primaria, selezionati come è giusto che sia da una prova di accesso piuttosto rigorosa, era, in Bicocca, buona. Le eccellenze dipendevano dalle attitudini personali. Inibire a un DM con le carte in regola l’accesso a un percorso selettivo mi lascia perplesso.

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