Smartphone posseduto dal 73,8% popolazione. Sicuri che la scuola possa ignorare?

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Rapporto Censis 2019 certifica l’avanzamento del digitale declinato nella diffusione dello smartphone. Presenza invasiva e pedagogica che la scuola non può ignorare, un’opportunità per far dialogare il tradizionale con il 2.0

Rapporto Censis 2019 conferma le regole dell’individualismo post-moderno

Rapporto Censis 2019, puntuale come ogni anno, presenta la fotografia del nostro Paese, stratificato e complesso. Società fluida, liquida (Baumann), che si muove, però dentro delle costanti declinate negli ultimi anni, dall’avvento del ripiegamento nel presente (“L’Italia non investe nel futuro”, Rapporto 2016), della difesa sociale della propria identità (“Sovranismo psichico”, Rapporto 2018), della politica che ha smarrito la visione (“politica dei like”, (Rapporto, 2017) e via dicendo…

Attualizzando il pensiero di F. Hegel ( è necessario osservare la foresta e non  gli alberi) è possibile portare a significato questi frammenti, parlando di un’espansione della domanda individuale privata di un percorso di senso, del declino della socialità dove l’altro è ridotto a uno strumento per affermare il proprio narcisismo.

Tutto questo si declina perfettamente con l’avanzamento del digitale che ha affermato il processo di disintermediazione e il consumo personalizzato e quindi il declino del noi (Paglia, 2017) a beneficio dell’affermazione dell’Io  senza connessioni significative e quindi a bassa socialità. Nello stesso tempo sono sorte nuove paure circa gli effetti che i dispositivi possono comportare sulla vita quotidiana (cyberbullismo, diffamazione, fake news…) e la sempre maggiore importanza data ai dati personali e sensibili (privacy).

Il rapporto 2017 aveva già anticipato molti temi proposti quest’anno. Quello di due anni fa, infatti registra una  “progressiva disintermediazione, affermando il dominio della relazione diretta tra rappresentante e rappresentato, tra produttore e consumatore, tra impresa e mercato, tra donatore e beneficiario, tra interesse collettivo e benessere individuale, sottraendo forza ai soggetti e agli strumenti della mediazione, spazzando via gli intermediari, accorciando ogni catena di relazioni;
– affermazione di consumi mediatici e di palinsesti informativi tutti giocati sulla presenza e rappresentazione individuali, con un linguaggio spesso involgarito per semplificazione e per convenienza, e avvicinando virtualmente i simili nello spazio globale;”

Rapporto Censis 2019, la diffusione dello smartphone e le sue ripercussioni sulle persone

Il Rapporto (2019) presentato qualche giorno fa, analizza in modo chirurgico la tendenza della società italiana a divenire sempre più  Onlife (Luciano Floridi, 2017). In altre parole siamo sempre più digitalizzati, tanto che la nostra giornata è vissuta più nel Web che nel contesto concreto. A gradi diversi siamo tutti afflitti dalla sindrome Hikikomori. Tutto però in un contesto di centratura dell’Io, dei suoi bisogni ed esigenze.

La quarta rivoluzione (L. Floridi), però necessita della progressiva diffusione dei dispositivi, portata quasi a compimento quest’anno.
Si legge nel Rapporto: lo smartphone ha giocato un ruolo da protagonista nella rivoluzione compiuta dal sistema dei media nell’ultima decina d’anni. Oggi rappresenta un oggetto di culto: l’icona della disintermediazione digitale. La percentuale degli utenti in Italia è passata da un timido 15% nel 2009 all’attuale 73,8%. Sono stati i giovani under 30 i pionieri del consumo, passati da un’utenza pari al 26,5% nel 2009 all’86,3% dell’ultimo anno. A partire dal 2016 si registra una impennata anche tra i giovani adulti (30-44 anni), fino ad attestarsi oggi al 90,3%. La diffusione su larga scala di una tecnologia personale così potente ha contribuito a una piccola mutazione antropologica che ha finito per plasmare i nostri desideri e le nostre abitudini…
Il 2018 sarà ricordato come l’anno in cui gli smartphone hanno superato i televisori. Oggi nelle case degli italiani ci sono 43,6 milioni di smartphone e 42,3 milioni di televisori. Ma soprattutto sono 6,5 milioni le smart tv e i dispositivi esterni effettivamente collegati a internet per guardare programmi televisivi (+20,6% in un anno). Il 47,8% delle famiglie in cui vive almeno un minore ha in casa una smart tv o dispositivi esterni che consentono di collegarsi al web. Ma crescono anche le famiglie di longevi over 65 anni che sfruttano gli schermi al pieno delle loro potenzialità collegandosi a internet: l’8% dispone di una smart tv connessa.

Gli effetti dell’iper-esposizione 

Il Rapporto però non si ferma qui. Interessante la relazione tra stato d’animo e la scelta dei mezzi utilizzati. Si legge: “Confrontando gli stati d’animo degli italiani e i mezzi di comunicazione utilizzati, emerge che gli «arrabbiati» si informano prevalentemente tramite i telegiornali (il 66,6% rispetto al 65% medio), i giornali radio (il 22,8% rispetto al 20%) e i quotidiani (il 16,7% rispetto al 14,8%). Tra gli utenti dei social network definiti «compulsivi» (coloro che controllano continuamente quello che accade sui social, intervengono spesso e sollecitano discussioni) troviamo punte superiori alla media sia di ottimisti (22,3%) che di pessimisti (24,3%). Per leggere le notizie scelgono Facebook (46%) come seconda fonte, poco lontano dai telegiornali (55,1%), e apprezzano i siti web di informazione (29,4%). Facebook (48,6%) raggiunge l’apice dell’attenzione tra gli utenti classificati come «esibizionisti» (pubblicano spesso post, foto e video per esprimere le proprie idee e mostrare a tutti quello che fanno). Gli utenti «pragmatici» (usano i social per contattare amici e conoscenti) si definiscono poco pessimisti (14,6%) e più disorientati (30,7%). Mentre gli utenti meno attivi, gli «spettatori» (guardano post, foto e video degli altri, ma non intervengono mai), sono poco pessimisti (17,1%).

La scuola non può ignorare il contesto 2.0

Questo è il territorio che si sta sviluppando intorno alla scuola e che non può ignorare. Un territorio con nuove mappe di orientamento sui nuovi comportamenti, cambi cognitivi e relazionali.   Quelle tradizionali hanno smesso di funzionare. Meglio sono ancora presenti, ma hanno perso tutta la loro efficacia nell’interpretare il contesto 2.0, favorendo la chiusura e l’arroccamento della scuola dove il dentro rappresentato dalla tradizione è positivo, amico, mentre il fuori 2.0 è il nemico.

Eppure basterebbe poco per comprendere quali spazi di intervento offre questo nuovo territorio. Un Web dove l’informazione veloce, breve e quella articolata hanno saturato lo spazio virtuale (information overload). Il paradigma della produzione culturale dal basso, condivisa, integrata (modello Wikipedia), la conseguente moltiplicazione delle fonti, la trasformazione dell’internauta in SpettAutore (G.Riva), la diffusione esponenziale di dispositivi elettronici hanno favorito l’affermazione del Web informativo, spesso alternativo e in contrapposizione con i massmedia tradizionali.

Informazione che però è stata contaminata da elementi emotivi , rendendola calda, supplendo in parte alla mancanza della fisicità nel Web. Un’informazione che per catturare l’attenzione deve impressionare, piacere e colpire ( G. Lipovetsky). Nel Web  questo taglio informativo spesso risulta più efficace di quello profondo  che porta ad anche ad analizzare l’autorevolezza, dell’autore, l’aggiornamento dell’informazione la sua copertura, la presenza di fonti…

Sull’informazione e la gestione critica oculata dei propri dati personali e sensibili si baserà il futuro e la formazione di un cittadino consapevole, critico e quindi saggio digitalmente (M. Prensky). Sul primo aspetto scrivevo qualche giorno fa su OrizzonteScuolaL’uso interattivo e collaborativo delle mappe e degli schemi, come strumenti orientativi nella ricerca delle informazioni nel Web, supportati dalla generazione di testi strutturati in paragrafi. L’approccio consente di andare oltre l’informazione, generando conoscenze significative (Ausubel), perché collegate alla propria rete concettuale preesistente. Il punto forza di questa circolarità tra schemi, mappe e testo è la possibilità di ampliare il linguaggio che rappresenta il proprio mondo (L. Wittgenstein).”

La medesima importanza riveste anche il ruolo del secondo aspetto, avviando un  percorso di attenzione al ruolo delle briciole di pane (dati personali) nel processo di profilazione e in alcuni casi  di alterazione e  modifica dei nostri profili che possono compromettere la  reputazione e   quindi  la nostra identità digitale.

Per la scuola impegni da far tremare i polsi, ma che rappresentano la possibilità di far interagire il bagaglio strumentale e tradizionale (saper leggere e scrivere) con le nuove modalità comunicative del 2.0.

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