Sindacati all’Aran il 13 luglio per sottoscrivere riduzione comparti. Anief: resta nodo blocco stipendi

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L’Agenzia che rappresenta il governo nei tavoli con i sindacati stavolta intende giungere in breve tempo alla sottoscrizione definitiva dell'accordo attraverso il quale si intende ridurre da 11 a 4 i comparti del pubblico impiego. 

L’Agenzia che rappresenta il governo nei tavoli con i sindacati stavolta intende giungere in breve tempo alla sottoscrizione definitiva dell'accordo attraverso il quale si intende ridurre da 11 a 4 i comparti del pubblico impiego. 

Per luglio è anche atteso l'incontro tra il ministro della P.A, Marianna Madia, e i sindacati, per una panoramica a 360 gradi sulla pubblica amministrazione. Si continua, invece, ad evadere il discorso sul fatto che le buste paga dei dipendenti pubblici, ferme dal 2009, hanno raggiunto il punto più basso mai registrato in 34 anni di serie storiche, dal 1982, come anche di recente certificato dalla Corte dei Conti per il periodo 2008-2014. Come si fa a sedersi al tavolo se la parte pubblica rimane ferma a meno di 10 euro lordi di incremento stipendiale e senza sanare i mancati adeguamenti degli anni passati?

Marcello Pacifico (Anief-Cisal): non reputiamo importante il numero dei nuovi ‘compartoni’, ma che la loro formazione garantisca comunque in toto i diritti dei lavoratori. Ad iniziare da una celere certificazione delle ultime elezioni Rsu, svolte nella Pubblica Amministrazione nel marzo del 2015: è importante realizzare una fotografia immediata della rappresentanza, in ogni settore dalla PA, in modo da rispettare il rinnovo triennale del 2018. In caso contrario, saremmo al paradosso: si chiede ai sindacati di svecchiarsi, ma alla resa dei conti la cronica burocrazia statale continua a prevalere.

È notizia di oggi che l'Aran ha convocato le confederazioni sindacali per la sottoscrizione definitiva dell'accordo attraverso il quale si intende ridurre da 11 a 4 i comparti del pubblico impiego, per mercoledì prossimo, 13 luglio. “Si tratta – scrive l’Ansa – dell'atto finale, superato il quale non c'è più nessun ostacolo all'apertura della stagione contrattuale. Anche se per i sindacati il lavoro non finisce qui: c'è un mese di tempo per realizzare eventuali aggregazioni. Una possibilità che interessa le sigle più piccole, che, essendo stati fusi i settori, rischiano di non soddisfare più i requisiti di rappresentanza. Altrimenti sarà comunque assicurato una sorta di 'diritto di tribuna' nei tavoli sui rinnovi. Per luglio è anche atteso l'incontro tra il ministro della P.A, Marianna Madia, e i sindacati, per una panoramica a 360 gradi sul pubblico impiego”.

Secondo Anief-Cisal si sta spostando l’attenzione pubblica sulla riduzione del numero dei comparti, mentre il vero nodo da sciogliere rimane un altro: gli investimenti ridicoli che il Governo intende attuare per il rinnovo del contratto e per l’adeguamento degli stipendi dei dipendenti pubblici. L’intento dell’Esecutivo è infatti quello di applicare gli incrementi contrattuali solo a due categorie di lavoratori statali: quelli che percepiscono uno stipendio ridotto e quelli che reputa più meritevoli. Nel frattempo, però, tutti i dipendenti dello Stato, come certificato in questi giorni dalla Corte dei Conti, si sono visti bloccare gli automatismi stipendiali rimasti indietro pure al solo costo della vita.

Chi governa continua, dunque, ad evadere il discorso sul fatto che le buste paga dei dipendenti pubblici, ferme dal 2009, che hanno raggiunto il punto più basso mai registrato in 34 anni di serie storiche, dal 1982. Sul fatto che pure l’indennità di vacanza contrattuale è stata in questi anni negata. E che rimarrà tale almeno sino al 2018 e forse anche fino al 2021, come del resto già indicato con il DEF 2016. Il Governo, a fronte di questo stallo totale, sino ad oggi non ha saputo fare di meglio che mettere sul “piatto” un modesto trancio di pizza in più al mese, pari a meno di 10 euro lordi di incremento stipendiale. Peraltro, senza sanare i mancati adeguamenti degli anni passati.

Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, “se queste sono le condizioni con cui si intende introdurre il merito, un po’ come è stato fatto già nella Scuola con l’approvazione della Legge 107/2015, che ha previsto l’assegnazione dei fondi del merito ad una frangia di docenti, escludendone l’80 per cento e tutte le altre categorie di lavoratori che operano nella scuola già con stipendi da ‘fame’, siamo convinti che l’accordo con i sindacati rimarrà di difficile compimento. Qualora, invece, si decidesse di adeguare prima gli stipendi a tutto il personale, allora si può anche discutere di merito professionale. Altrimenti il nostro sindacato ribadisce il progetto di ricorrere al giudice del lavoro e delle leggi”.

“Per questi motivi – continua Pacifico – a proposito della riduzione dei comparti, che sembrerebbe in dirittura d’arrivo, non reputiamo importante il numero di quelli che verranno a formarsi, ma che la loro formazione garantisca comunque in toto i diritti dei lavoratori. Ad iniziare da una celere certificazione delle ultime elezioni Rsu, svolte nella Pubblica Amministrazione nel marzo del 2015: è importante realizzare una fotografia immediata della rappresentanza, in ogni comparto, in modo da rispettare il rinnovo triennale”.

“Non vorremmo assistere ai soliti ritardi, derivanti dalla cronica burocrazia statale, con il rischio di indire le prossime elezioni Rsu in ritardo. E, di conseguenza, pure il loro svolgimento. Il rischio, in questo caso, – conclude Pacifico – sarebbe di ritrovarsi per un periodo, nemmeno troppo breve, con dei nuovi ‘compartoni’, senza però che vengano rappresentati in modo adeguato dai lavoratori”.

08/07/2016

Ufficio Stampa Anief

www.anief.org

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