Si metta fine alla scuola del progettificio. Lettera

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Prof. Francesco Garofalo – Dalla scuola progettificio e compulsiva, alla scuola delle idee e della ricerca. Si metta fine al dirigismo sfrenato e spettacolare delle istituzioni scolastiche e si ritorni alla sana didattica, mettendo seriamente al centro del tessuto scolastico l’alunno.

Nel mentre i nostri studenti affannano a risolvere problemi, coniugare verbi e costruire adeguate relazioni interpersonali, la scuola rincorre sempre più percorsi dispendiosi e spettacolari che poco o nulla hanno a che fare con la crescita culturale e civile dell’alunno.

L’esempio viene fornito dagli innumerevoli progetti proposti, attuati all’interno ed all’esterno delle aule che sovente, elaborati con il metodo copia e incolla, non si connettono con i nuovi e moderni bisogni formativi e innovativi reclamati dell’alunno digitale. E mentre la società cambia, rinnova metodi di produzione, amplia le sue vedute inclusive, la scuola indietreggia rincorrendo metodi e strategie che sul piano scientifico non sono collaudati e lasciano molto a desiderare.

Progetti di ogni tipo scoordinati tra loro, elargizioni di bonus, protagonismo esasperato, immobili fatiscenti e precari sul piano della sicurezza, aule sguarnite di supporti tecnologici per promuovere l’apprendimento cooperativo e incentivante l’inclusione, … e chi più ne ha più ne metta, rilevano l’identità di una scuola dal carattere compulsivo, in cui a farne le spese è la didattica, l’organizzazione e le conoscenze, e di conseguenza il sapere scientifico e tecnologico. A tutto ciò si sovrappone una burocrazia asfissiante che sollecita, sempre più, il docente a trascorrere parte del suo tempo prezioso a compilare inutili documenti, a confrontarsi con norme e leggi confusionarie e contraddittorie di difficile interpretazione. La figura del docente, cultore della propria materia, competente multidisciplinare e della ricerca, propugnatore delle libertà e delle conoscenze tecniche e scientifiche, si sta svuotando al cospetto di indicazioni che minano l’autonomia stessa dell’insegnamento, le proprie prerogative non solo professionali ma civili.

Che fare di fronte a questa realtà che incentiva lo stress correlato, che amplia tensioni quotidiane tra docenti e genitori, tra dirigenti e docenti, e via dicendo. Le strade che si possono percorrere per uscire da questa situazione di “anomia” , di insofferenza culturale, esistono: basta volerlo. La società ha subito vere e proprie rivoluzioni sul piano della comunicazione, della produzione e delle conoscenze in generale.

Se la proposta formativa delle istituzioni scolastiche non verrà connessa ai repentini mutamenti che si registrano in ogni campo disciplinare, se la sua organizzazione rimarrà incentrata sul dirigismo sfrenato a scapito della cooperazione culturale, se l’idea dominante sarà quella di formare individui seriali e acritici, se il merito non verrà riconosciuto come bene comune, questo modello di fare scuola pubblica verrà travolto dagli eventi stessi, mettendo a repentaglio l’istituzione scolastica pubblica. Alla politica il ruolo di proporre soluzioni efficaci ed efficienti. Ai docenti, alle famiglie e alle comunità il compito di indicare idee affinché, nello spirito collaborativo e costruttivo, la scuola riconquisti il suo primato culturale, scrollandosi di dosso pesanti zavorre che hanno letteralmente ostacolato l’evolversi del sistema.

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