Sì genitori ad attività, rischio la libertà di insegnamento e di apprendimento?

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Sì, se leggiamo attentamente l’ultima circolare MIUR relativa al Piano triennale dell’offerta formativa delle scuole e all’approvazione dei genitori delle attività didattiche proposte.

A seguito delle sollecitazioni arrivate al Ministero dell’istruzione da parte di alcune associazioni, la circolare ministeriale impone alle scuole di acquisire il consenso dei genitori per ogni iniziativa culturale extracurricolare proposta dalla scuola, i quali possono decidere di esonerare il proprio figlio dalla partecipazione all’iniziativa anche se svolta in orario scolastico. Niente a che vedere con la partecipazione delle famiglie alle attività della scuola garantita dagli Organi Collegiali, che ne promuovono e ne tutelano il ruolo attivo e propositivo. Questa circolare sancisce la fine della scuola come spazio culturale libero, garantito dalla Costituzione.

Vogliamo provare a formulare qualche esempio plausibile? Si propone un dibattito su tematiche afferenti all’educazione sessuale o alle diverse identità di genere. O sulla multiculturalità. O su questioni legate alle religioni e ai complessi equilibri geopolitici mondiali. Basta che un genitore esprima un suo parere contrario e che anche a un solo studente la famiglia impedisca di partecipare e l’attività, necessariamente, salta. Perché, se è vero che formalmente le scuole restano libere di predisporre le loro iniziative educative per l’ampliamento dell’offerta formativa, le inevitabili difficoltà organizzative e gestionali di studenti minorenni cui viene negata la partecipazione prevarranno su tutto. Anche sull’importanza e il valore culturale dell’iniziativa.

Ad esprimere particolare apprezzamento per il nuovo regolamento scolastico, insieme al cattolico MOIGE (che da sempre rivendica la possibilità di scelta educativa tra scuola pubblica e scuola privata senza ostacoli economici per le famiglie e che a suo tempo si scagliò anche contro Fiorello che in un programma televisivo aveva invitato all’uso protettivo del profilattico, accusandolo di fornire ai giovani un’“informazione scientificamente parziale”!), è l’associazione Articolo 26, che promuove il protagonismo educativo dei genitori e delle famiglie all’interno del sistema scolastico. In un comunicato-stampa esprime grande soddisfazione per il nuovo regolamento scolastico, sottolineando il fatto che finalmente, “per i temi più delicati e sensibili, legati alle scelte educative delle famiglie, come affettività, sessualità, educazione “di genere”, che in questi ultimi anni hanno messo a rischio il già delicato rapporto scuola-famiglia, i genitori non potranno veder loro imposti progetti non condivisi, spesso senza alcuna informazione, e che per i loro contenuti sono invece da sottoporre alle scelte educative delle singole famiglie, anche se svolti nel normale orario scolastico”

Quindi, ricapitolando, il Ministro Bussetti, con questa circolare, sancisce di fatto il controllo delle famiglie sulla libertà di insegnamento (cui sempre corrisponde, ricordiamo, la libertà di apprendimento), autorizzando la censura dei genitori sulle libere iniziative culturali e didattiche degli insegnanti.

Potremo ancora parlare di educazione sessuale, di eterosessualità, omosessualità, transessualità e delle nuove dinamiche relazionali e familiari riconosciute anche in ambito giurisprudenziale ma evidentemente ancora stigmatizzate sul piano culturale? Potremo ancora educare gli studenti al riconoscimento e al rispetto dell’altro, nella diversità e nell’unicità della persona umana, senza incappare nel veto di chi, per ignoranza e pregiudizio, impedirà il confronto? Ed è accettabile che questi divieti possano essere esercitati nella scuola italiana, la scuola della Costituzione, quella che promuove il superamento delle differenze e degli ostacoli che impediscono il pieno esercizio della cittadinanza proprio a partire dalla conoscenza delle differenze e delle molteplici forme di soggettività e di realtà?

La scuola italiana non può essere sottoposta a questa illegittima forma di controllo culturale e, dunque, politico. Non può essere resa sussidiaria alle scelte educative delle famiglie: i loro orientamenti culturali, religiosi o politici devono essere rispettati ma non possono incidere sulla programmazione curricolare ed extracurricolare, che deve, al contrario, essere orientato alla multiculturalità e alla molteplicità dell’esperienza umana. Sui banchi di scuola si forma il cittadino open minded storicamente, scientificamente, antropologicamente attrezzato. Il cittadino istruito ma soprattutto il cittadino educato allo sguardo sulle differenze, al riconoscimento empatico dell’altro da sé, capace di riconoscere e combattere ogni dogma e ogni imposizione arbitraria, in nome della scelta personale e consapevole di chi vuole essere e di come vuole vivere.

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