Il senso della scuola non esiste più. Lettera

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Giuseppe Firinu – Se siamo dei bravi insegnanti, dobbiamo sempre porci mille domande, e di conseguenza darci mille risposte. Quando la nostra carriera scolastica volge al termine, poi, è quasi inevitabile che si inizi anche a fare un bilancio, e per farlo ci si deve guardare indietro.

Credo che nessun insegnante possa mai dimenticare le sue prime lezioni, quando una volta chiusa la porta alle spalle, bisognava guardare in faccia la classe, tutti quegli occhi che ti osservavano, aspettando cosa avresti detto. E tu dovevi parlare, perché eravate solo tu e la classe. Ecco, in fondo la scuola è questo.

Se devo essere onesto, e ripenso ai tanti Ministri dell’Istruzione, be’, non mi sono mai accorto che uno solo di loro abbia mai pensato alla Scuola in questi termini, e abbia mai capito cosa significhi insegnare. Ho sempre badato ad insegnare, e prima ancora, forse, ad educare i miei studenti. Non ho mai cercato di sostituirmi ai loro genitori, beninteso, anche se quando insegnavo alle Medie Inferiori mi capitava che mi chiamassero papà, o addirittura mamma.

Ho sempre pensato che il compito mio e dei colleghi sia di costruire cultura, passo dopo passo, giorno dopo giorno, anno dopo anno, e confesso che durante le mie lezioni non ho mai pensato di costruire qualcosa che fosse utile per i loro lavori futuri, ma solo dotarli di cultura, cercando di sollecitare in loro il gusto del sapere. Sapevo, naturalmente, che un giorno quei ragazzi e quelle ragazze sarebbero diventati adulti, e avrebbero lavorato, ma ho sempre pensato che la Scuola dovesse essere Scuola, e il lavoro sarebbe stato lavoro.  La Scuola deve dare Cultura, quella cultura che fa di noi esseri pensanti, che ci permette di vivere in libertà e ci dà tutto il necessario per spendere una vita piena e soddisfacente. Ho avuto migliaia di studenti, e non ho mai pensato neanche ad uno di loro come un futuro lavoratore da istruire per svolgere bene il suo lavoro. Ho sempre visto i miei studenti come persone in fase di crescita, tutto qui: persone alle quali dedicare il mio impegno per contribuire a costruire delle belle personalità, con dei valori veri che li potessero aiutare nel loro cammino di vita.

Confesso che non ho mai apprezzato nessuna riforma scolastica, perché in esse non vedevo niente che potesse essere importante nel processo didattico-educativo. Persino l’ingresso dei genitori a scuola, che in teoria potrebbe essere un fatto positivo, be’, a conti fatti ha ingenerato spesso confusione nel processo didattico, e a volte i Consigli di Classe diventano persino delle aule di tribunale, col malcapitato docente di turno messo impietosamente sul banco degli accusati. Nel tempo si è stravolto il ruolo della Scuola, impoverendola, e rendendola sempre più al servizio del mondo del lavoro e della collettività locale.

Quando si iniziò a parlare di autonomia scolastica storsi subito il naso, perché io, per contro, ho sempre ritenuto che la Scuola debba rappresentare più di ogni altro Istituto l’Unità Nazionale, e assicurare quella continuità culturale che distingue un popolo dagli altri.  La massa dei colleghi si è lasciata accompagnare per mano dai Sindacati in questo lungo processo che faceva diventare la Scuola  tante scuole-azienda, sempre più in competizione tra di loro, fino a trasformare le informazioni da fornire agli studenti per scegliere il percorso scolastico più gradito e più confacente alle loro caratteristiche, in una indecorosa e irrispettosa campagna-acquisti, finalizzata alla formazione di un numero di classi sufficiente per non perdere la titolarità nella scuola.

Con l’avvento della mirabolante Buona Scuola, la precarizzazione della cattedra spingerà sempre di più i docenti a farsi questa guerra miserevole e indegna per non finire nei famigerati Ambiti Territoriali, che ancora adesso per molti colleghi sono una cosa che non li riguarda.  Questa Scuola sarà sempre più al servizio di imprenditori locali e nazionali, e il recente contratto tra il Miur e la McDonald’s, inoltre l’Istituto dell’Alternanza Scuola-lavoro ne sono una prova evidente, ovviamente evidente per chi ha un briciolo di capacità critica. Se poi si pensa che Confindustria ha da sempre caldeggiato l’Autonomia Scolastica e tutte queste riforme che hanno completamente stravolto la Scuola, trasformandola sempre di più in Azienda, be’, non bisogna essere poi dei geni per capire il senso di questo processo. Nel mondo del lavoro un processo simile ha accompagnato quello scolastico, come due binari che corrono parallelamente.

Lo smantellamento dell’Art. 18, prima con la riforma Monti-Fornero, poi col Jobs Act, sono parenti stretti dell’aziendalizzazione della scuola e della 107. La logica comune è la precarizzazione fino a tarda età, e la ricattabilità perenne ad opera dei dirigenti per lavorare senza protestare o avanzare pretese d’aumento o altro.

Dispiace realizzare che persino i docenti, per la gran parte, pur dotati di un elevato titolo di studio, non abbiano compreso la ratio di tutte queste riforme scolastiche, e non si siano resi conto che esse vanno in direzione opposta al senso che dovrebbe avere la Scuola. Il giusto principio della collaborazione, tra colleghi e studenti, è stato soppiantato da quello della competizione, tra l’altro stupidamente, perché i Fondi d’Istituto e gli aumenti contrattuali sono stati ridotti all’osso per essere trasformati in miserevoli Bonus Premiali, briciole da spartirsi al costo dell’essere servizievoli e pronti a conseguire la realizzazione della 107. Triste vedere interi Collegi Docenti votare i propri rappresentanti per il Comitato di Valutazione, e ancora più triste vederli approvare i Criteri che i DS scelgono per chiamare i malcapitati finiti negli Ambiti Territoriali.

Come si fa a farsi coinvolgere in tutto questo, mi chiedo, come si fa a non capire di essere usati, turlupinati, persino partecipando a votazioni che non hanno alcun valore? Come si fa a farsi trascinare in un gioco in cui si è vittime, rendendosi persino complici della propria condanna?

Che senso ha questa Scuola che non ha più tempo di insegnare cultura, e si rende bastone di Confindustria per procedere con le regole del Neoliberismo, che ha smantellato lo Stato Sociale e crea ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri?  Ho sempre pensato che uno Stato saggio e lungimirante debba porre la Cultura al primo posto, come volano della società intera, e fa veramente tristezza vedere questa nostra Scuola umiliata sempre di più. Che fine faranno questi nostri poveri studenti, sempre più sbandati in una Scuola che non sa più dare cultura, senza speranze per il futuro, in una società che promette solo una vita precaria per tutti?

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