Secondo lavoro e incompatibilità con insegnamento, quando scatta il danno erariale. Sentenze

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Sono diversi casi che riguardano l’incompatibilità all’interno del mondo scolastico e non solo, che sono stati portati all’attenzione della Corte dei Conti. Spesso si sono conclusi con pesanti provvedimenti di condanna, altre volte condanne attenuate dall’intervenuta prescrizione, altre volte, “assoluzione”. Vediamo ora alcune sentenze, a prescindere dal loro esito, che richiamano però dei principi importanti e consolidati un materia.

Si possono svolgere incarichi retribuiti solo se autorizzati dalla scuola

La Corte dei Conti con SENT. 338/2019 afferma che “L’art. 53, quinto comma, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, prevede, che i dipendenti pubblici non possano svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza. La ratio della disposizione in questione, risiede nell’esigenza di tutelare l’interesse pubblico specifico al rispetto del dovere di esclusività del dipendente pubblico al di fuori delle ipotesi tipicamente ed espressamente stabilite, interesse il quale non è pertanto circoscritto alle manifestazioni ed alle condotte riconducibili al perimetro del corretto adempimento del rapporto di lavoro o di servizio con l’amministrazione di appartenenza. L’esigenza che si considera è garantita attraverso la previsione del dovere del dipendente di richiedere l’autorizzazione all’amministrazione, al fine di consentire a quest’ultima il controllo circa la compatibilità dell’incarico extraistituzionale con l’incarico principale, sotto il profilo dell’esclusione di possibili conflitti di interesse e dell’adeguatezza delle energie lavorative destinate al rapporto di lavoro pubblico che ne consentano il proficuo svolgimento senza pregiudizio dei compiti d’istituto (cfr. Cass, SS.UU. 2 dicembre 2011 n. 22688, ord.; 22 dicembre 2015 n. 25769). Ne consegue, in definitiva, che l’inadempimento dell’obbligo di richiedere l’autorizzazione allo svolgimento degli incarichi esterni dà consistenza ad un occultamento doloso del danno, atto ad impedire il decorso del termine di prescrizione a norma dell’art. 1, secondo comma, della legge 14 gennaio 1994, n. 20”.

La Costituzione sancisce l’esclusività della prestazione a favore del datore di lavoro pubblico

La Corte dei Conti 536 del 2018, Liguria, Corte d’Appello afferma che “la ratio del divieto in esame va rinvenuta nel principio costituzionale sancito all’art. 98 Cost, (“I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione”) che introduce il vincolo inderogabile di esclusività della prestazione lavorativa a favore del datore pubblico, per preservare le energie del lavoratore e tutelare il buon andamento della p.a. che risulterebbe turbato dall’espletamento da parte di propri dipendenti di attività imprenditoriali caratterizzate da un nesso tra lavoro, rischio e profitto. La totale dedizione del pubblico impiegato alle mansioni proprie dell’ufficio non consente, in definitiva, l’esercizio di attività collaterali che possano compromettere l’efficienza e l’indipendenza delle pubbliche funzioni. La violazione del divieto, infatti, genera una situazione di illiceità che mina in radice la prosecuzione del rapporto di impiego, tanto che l’art. 63 del citato d.P.R. n. 3/1957 già prevedeva la decadenza dall’ufficio, laddove il dipendente non cessasse dalla situazione di incompatibilità nel temine stabilito con l’atto di diffida inoltrata dall’amministrazione d’appartenenza. Il sistema è rimasto inalterato anche nelle successive riforme del pubblico impiego, tant’è che l’art. 53, comma 7, del d. lgs. n. 165 del 2001 ha sancito, definitivamente, l’estensione a tutti i dipendenti pubblici del divieto a svolgere incarichi retribuiti, che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza” Principi richiamati precedentemente anche dalla Sentenza 190 del 2016 corte d’Appello Sicilia.

L’inosservanza del divieto di svolgere altri incarichi comporta la restituzione della retribuzione percepita

“L’inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, determina in capo al dipendente la restituzione dei compensi percepiti aliunde. Si pone, di conseguenza, a carico del dipendente infedele un obbligo di natura patrimoniale di versamento delle somme ricevute in patente violazione di legge, al fine di disincentivare le descritte condotte illecite. Il sistema normativo non appare derogabile con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, per i quali il rinvio agli statuti o ai regolamenti degli atenei, di cui all’art. 53 cit., integra non una delegificazione quanto piuttosto una tipica ipotesi di integrazione attuativa della fonte normativa primaria. La fonte regolamentare interna, infatti, è delegata a disciplinare soltanto i criteri e le procedure per il rilascio dell’autorizzazione nei casi previsti dal presente decreto”-Corte dei Conti 536 del 2018, Liguria, Corte d’Appello .

La decorrenza della prescrizione

A tal proposito, le Sezioni riunite della Corte hanno affermato che di decorrenza della prescrizione possa parlarsi solo nel momento in cui la condotta contra ius abbia prodotto l’evento dannoso, avente i caratteri della concretezza e dell’attualità, ragion per cui l’esordio della prescrizione va individuato, comunque, nella data del pagamento, tanto nelle ipotesi di danno diretto (SS. RR. n. 5/2007/QM, del 19 luglio 2007) tanto in quelle di danno indiretto (SS.RR. n. 14/2011/QM, del 05 settembre 2011).

La violazione del principio di esclusività determina danno erariale

“Tali norme, valevoli per tutti i pubblici dipendenti, sono espressamente fatte salve dal comma 1 dell’art. 53 del D.lgs n. 165/2001, a presidio del principio di esclusività della prestazione lavorativa del pubblico dipendente, la cui violazione non può che costituire danno erariale. Sarebbe illogico, anzi abnorme, ritenere che, mentre il conferimento di incarichi non autorizzati (ex art. 53 del d.lgs n. 165/2001) costituisca danno erariale, per esplicita previsione normativa, il cumulo di impieghi possa ritenersi non foriero di danno erariale laddove, invece, la stessa formulazione dell’art. 60 del DPR n.3/1953 introduce una presunzione ope legis di sussistenza di danno erariale”. Sentenza 190 2016 corte d’Appello Sicilia

Il rivendicare una migliore retribuzione non legittima l’incarico non autorizzato

“Non si reputa sussistente alcun contrasto con l’art. 36 Cost. posto che il principio di garanzia di una proporzionale retribuzione del lavoratore non urta contro la volontà normativa, sancita dal citato art. 53, comma 7, di tutelare e regolamentare l’esclusività dell’impiego pubblico come affermato dall’art. 98 Cost.. Ugualmente non si ritiene vi sia contrasto con l’art. 97, primo comma, Cost. laddove la disposizione contestata aspira proprio a consentire una razionale regolamentazione del rapporto di lavoro pubblico in vista dei principi di efficienza e buon andamento dell’azione amministrativa, come il precetto costituzionale intente preservare (cfr. Sez. Lombardia, n. 233/2014). Il menzionato articolo, al primo comma, enuncia le ipotesi per le quali sussiste l’incompatibilità assoluta del dipendente pubblico con specifiche attività, rinviando nel concreto alle ipotesi previste dagli artt. 60 e ss. D.P.R. n. 3/1957. Per sommi capi essa consiste nell’impossibilità per l’impiegato della p.a. di esercitare il commercio, l’industria, o impieghi alle dipendenze di privati. Per le società la norma prevede che non possa “… accettare cariche in società costituite a fini di lucro, tranne che si tratti di cariche in società o enti per le quali la nomina è riservata allo Stato e sia all’uopo intervenuta l’autorizzazione del Ministro competente”. In relazione alla partecipazione all’amministrazione di società, l’art. 62 D.P.R. n. 3/1957 afferma che nei casi in cui sia stato autorizzato con deliberazione governativa l’impiegato può partecipare all’amministrazione di società o enti cui lo Stato partecipi o comunque contribuisca”. Sentenza 61 del 2015 della Corte dei Conti dell’Emilia Romagna .

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