Scuole non statali, garantire libertà scelta educativa ai genitori. Lettera

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Preside lascia la scuola

Inviato da Marco Dipilato, Presidente AGESC Milano – Se riduciamo l’attuale dibattito in merito al costo standard sostenibile per alunno a mera rivendicazione del cosiddetto “gruppo di pressione pro-paritarie”, non possiamo coglierne la dignità culturale e giuridica, ma soprattutto dimentichiamo che l’educazione non è un bene privato ma pubblico e che la libertà di educazione è un bene sociale.

Alla dimensione pubblica dell’educazione si fa spesso riferimento, ma, considerando come pubblica unicamente quella statale, si impedisce di fatto la libera fruizione di quella pluralità di offerta formativa e di quel pluralismo culturale che proprio la compresenza, nel Sistema Nazionale di Istruzine, di scuole pubbliche gestate direttamente dallo Stato e di scuole pubbliche gestate da altri Enti, è in grado di garantire.

Non si può certo nascondere che, in questo caso, il dichiararsi favorevoli alla scuola pubblica, coincide con il prediligere il monopolio statale dell’educazione a danno di quella pluralità culturale che proprio la dimensione pubblica è più atta a promuovere.

Occorre dunque riportare al centro del dibattito il diritto dei bambini e degli studenti, che sono tutti uguali e non destinatari di finanziamenti differenziati a seconda del tipo di scuola che frequentano.

Il mancato riconoscimento dell’inviolabile diritto alla libertà di scelta educativa, indebolisce nei genitori la consapevolezza di essere i primi titolari di tale libertà e responsabilità e, anche se con forme in apparenza meno violente di quelle dei regimi totalitari, espropria la potestà genitoriale, inducendo i genitori ad occuparsi sempre meno dell’educazione dei figli e a delegarla allo Stato. Un’autentica educazione alla cittadinanza (se democraticamente intesa) potrebbe aiutare ad abbandonare vecchi approcci come l’idea e soprattutto la prassi che vede nello Stato l’unico soggetto abilitato a dare risposte ai bisogni dei cittadini, ritenuti liberi di scegliere il modello di smartphone da mettere in tasca ai loro figli, ma non l’ipotesi di lavoro con cui lanciarli nell’avventura della conoscenza e nel cammino della vita: l’educazione appunto.

Si dimostra quindi fuorviante e pretestuosa ogni discussione sui finanziamenti statali alle scuole paritarie, dal momento che la rivendicazione, anche economica e non solo giuridica (già sancita dalla legge 62/2000) della parità scolastica e la lotta alla discriminazione dei meno abbienti, resi incapaci di un’effettiva libera scelta educativa, ha come suo fondamento il diritto dei bambini, degli studenti e delle famiglie e non il legittimo interesse delle scuole.

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