Scuola e famiglia devono formare i nativi digitali a diventare saggi

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Gianfranco Scialpi – Il limite dei nativi digitali. In Rete non si è mai soli! Siamo “osservati” e letti anche a nostra insaputa e attraverso la procedura della condivisione, perdiamo in pochi istanti il controllo di quello che postiamo. E questo per sempre, anche se un’autorità intervenisse ad eliminare il nostro post dai server, o a rimuoverlo dai profili. Il suddetto scenario 2.0 non è sufficientemente considerato, quando conosciuto, dai “nativi digitali”.  Questo limite non li rende saggi digitalmente.

La personalità liquida dei nativi digitali

Eppure i nostri ragazzi sono presentati come esperti del Web, solo perché conoscono qualche procedura o programma in più degli adulti, definiti “immigrati digitali”. Il” nativodigitale”deve fare i conti con il momento della sua vita. Rappresenta una grande opportunità per “mettere le radici” su un terreno solido, ma può diventare un’occasione persa se diventano punti di riferimento il narcisismo, l’inconsapevolezza delle regole o il desiderio di infrangerle per il bisogno di caratterizzare il proprio io.  Tutto questo costituisce la personalità “liquida” 2.0 , sideralmente lontana  dalla presunta “solidità” dell’adulto, basata su un sistema di valori mediamente certo.

La famiglia e la scuola devono promuovere “la cura”

E qui entra in gioco la famiglia e la scuola. La formazione della persona non può più prescindere dalla navigazione nel Web. Si rischia, nella migliore delle ipotesi, di promuovere personalità ambivalenti (Dr. Jekyll and Mr. Hyde 2.0). Corrette e rispettose nella vita reale, di segno opposto invece, quando sono davanti al pc o usano altri dispositivi. Occorrono percorsi formativi che portino” i nativi digitali” a diventare saggi digitalmente, In altri termini a porre la “cura” come un criterio-guida nella navigazione nel Web. La coordinata comportamentale si declina nel  rispetto delle persone, anche quando queste perdono la loro fisicità nel Web che si  si declina nell’assenza della voce, delle sue inflessioni emotive e affettive, della  prossimità che ci fa percepire i suoi odori, i suoi tremori…

“La cura”, però riguarda anche la comunicazione. Questa riguarda soprattutto la frequentazione dei social media. Mi riferisco all’impegno a salvaguardare la propria reputazione online attraverso nickname, avatar, foto e post che trasmettano qualcosa di autentico della persona. Questi elementi costituiscono il nostro CV su Google che ha la caratteristica dell’immortalità virtuale. Profilo accessibile a tutti, attraverso i primi 10 riferimenti nel motore di ricerca.
Ovviamente per conseguire questo risultato occorre conoscere il profilo del nativo digitale, caratterizzato da scarsa e prolungata attenzione, solitudine, atteggiamento bivalente verso la dimensione corporea, “liquidità” dei rapporti amicali, comunicazione superficiale…  Per gli adulti comporta la necessità di  aggiornare la propria “rete concettuale”, in quanto “i territori esistenziali” di qualche anno fa non esistono più. Da qui la domanda: la famiglia e la scuola sono disponibili a lasciare gli sfondi consolidati per il mare aperto dell’attuale contesto tecnologico e dei servizi 2.0, dal quale il ragazzo riceve tanta formazione implicita, finalizzata però alla promozione di un consumatore, dove l’apparire è sostanza e l’essere invece è irrilevante?

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