San Remigio, pensaci tu! Note semiserie sul primo giorno di Scuola, tra carenze postmoderne e flebili speranze. Lettera

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Inviato da Antonio Deiara – Anch’io sono stato “remigino”, quando la Scuola iniziava il primo ottobre, al tempo in cui se il Maestro ti rimproverava prendevi il “resto” a casa e studiare significava diventare uomini liberi, come sosteneva Don Lorenzo Milani.

“L’ha detto il Maestro!”, si sussurrava di bocca in bocca: la conoscenza, la cultura e la sapienza avevano dei formidabili campioni che non potevano essere messi in discussione dal primo “hashtag” che passava per la strada.

I quattro amici al bar, al massimo, potevano discutere di formazioni di calcio; l’Italia, ça va sans dire, risultava già popolata da almeno 40 milioni di allenatori… Il Bidello era orgoglioso di mostrare pavimenti tirati a lucido e aule profumate di pulito, il Professore compilava il “Libretto personale dell’alunno”, conservato gelosamente o dimenticato in soffitta, che un ministro incompetente tentò di riciclare con l’altisonante nome di Portfolio: “Di memoria pronta e tenace, attivissimo, preciso fino allo scrupolo…”. Una fotografia, che non sbiadiva nel tempo. Il Preside, rispettato e non di rado temuto, organizzava la vita scolastica secondo cadenze strutturate nel tempo, dalla Festa degli Alberi alla Recita di Natale, dal Precetto Pasquale al menabò del Giornalino dalla testata identitaria, “Ci siamo anche noi”, ciclostilato e diffuso tra genitori e parenti dal ciglio umido. Già, i Genitori. Quelli che quando combinavi una marachella si scusavano di fronte al Maestro e, di sbieco, ti sussurravano con un “sottovoce” più potente della folgore di Zeus “Facciamo i conti a casa…”; quelli che declamavano il tuo luminoso curriculum scolastico negli interminabili pomeriggi domenicali con i parenti; quelli che di fronte a una terrificante domanda di Mike Bongiorno al Dottor Inardi di “Rischiatutto”, pari a quella sul controfagotto, ti chiedevano: “Sai rispondere?”. E poi c’erano un libro, “Lettera a una professoressa”, una Scuola aperta a Barbiana da un prete straordinario, Don Lorenzo Milani, un principio educativo e didattico sempre attuale: “Chi possiede la lingua è un uomo libero”. Provate a sostituire “la lingua” con “i linguaggi” (verbale, iconico, tecnologico, musicale, scientifico, informatico, etc.).

Caro San Remigo, il verbo del Terzo Millennio proclama: “L’ho letto su Internet”. Lo smartphone in mano a bambini che ascoltano sempre di meno dovrebbe sostituire l’enciclopedia utilizzata da noi “remigini” nelle prime ricerche; il “copia e incolla” si fa beffe delle nostre rielaborazioni scritte in un corsivo rispettoso della calligrafia. Ho visto bidelli contare le mattonelle per non pulire un decimetro quadrato in più di pavimento e genitori sbraitare contro il maestro/professore che scrive le note sul Registro perché “Ce l’ha con mio figlio!”. Ma, in altri spartiti, mi sono ritrovato con alunne e alunni motivati e genitori rispettosi. All’inizio del nuovo anno scolastico, siamo sballottati tra carenze postmoderne e flebili speranze. San Remigio, pensaci tu!

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