Ritorno in classe, Anief: Comitato tecnico scientifico dimentica le vie di fuga?

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Anief – Il Comitato tecnico scientifico deve chiarire una volta per tutte i parametri di distanziamento tra gli alunni quando torneranno in aula a settembre: nell’arco di un mese, infatti, sono giunte indicazioni ufficiali che entrano in contraddizione perché prima tengono conto degli spazi di mobilità e poi sorvolano su questi metri fondamentali per garantire la sicurezza.

A sottolinearlo è la testata Tuttoscuola: “nel documento del CTS del 28 maggio – scrive la rivista specializzata – nell’indicare il metro di distanziamento si sottolinea più volte di tenere anche in considerazione dello spazio di movimento.  Questa esigenza dello spazio di movimento non viene né quantificata né richiamata nel documento del 22 giugno, ma una ‘via di fuga’, aggiuntiva al distanziamento da bocca a bocca, ancorché non identificata (urge chiarire quanto prima!), va prevista in termini precisi per consentire il calcolo attendibile della capienza dell’aula”.

“Secondo noi – sostiene Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – i riferimenti sugli spazi di fruibilità delle aule in sicurezza sui quali i dirigenti scolastici e gli enti locali devono agire sono indiscutibilmente quelli indicati nel primo documento del Comitato tecnico scientifico: accalcare quasi 30 alunni per classe sarebbe un’imprudenza, una irresponsabilità, che non vogliamo e non possiamo nemmeno prendere in considerazione”.

L’INCONGRUENZA

Siccome “si può stimare che lo spazio occupato per le diverse ‘vie di fuga’ sottragga più di un terzo dello spazio utile per gli alunni”, ne consegue che la loro presenza o assenza nei calcoli di capienza massima degli alunni diventa un elemento fondamentale: se si considera, infatti, lo spazio per i movimenti, anche per una eventuale emergenza, vanno sottratti una decina di metri quadrati. Sommandoli all’applicazione del parametro di un metro da bocca a bocca, ne deriva che in un’aula media di 36 metri quadrati entrerebbero al massimo di 16-17 alunni. Invece, “la distanza da bocca a bocca, prevista dall’ultimo documento del CTS del 22 giugno scorso” non tenendo conto degli spazi di movimento necessari “riduce al minimo l’esigenza di sdoppiare le classi”. La conclusione è severa: Tuttoscuola parla di “assurdità di un dato che sembra sconfessare ogni indicazione di misure atte ad evitare rischi di contagio: ministero e CTS chiariscano con urgenza”.

LA POSIZIONE DELL’ANIEF

Anief ritiene del tutto evidente che il parametro da adottare per il calcolo del numero di alunni da potere collocare nelle classi va attuato sulla base del primo documento del Comitato tecnico scientifico: alla base della sicurezza negli ambienti di lavoro o di istruzione, come da normativa vigente, vi è la presenza di percorsi e di uscite abilitate a fare evacuare nel più breve tempo possibile tutti coloro che sono presenti nei locali qualora dovessero subentrare situazioni emergenziali e di pericolo. Si tratta di parametri sulla cui attuabilità non c’è nemmeno da discutere. Ancora di più oggi, in fase di prevenzione del ritorno di contagi da virus, assicurarsi gli spazi di mobilità diventa una necessità imprescindibile.

IL COMMENTO DEL PRESIDENTE

Marcello Pacifico, leader dell’Anief, sostiene che “partendo da questo assunto, dando per scontato che nel documento di fine giugno non sia stato indicato nemmeno nel Piano Scuola ministeriale 2020/21 solo perché da considerare a prescindere, perché imposto dalle norme delle sicurezza, auspichiamo che d’ora in poi, visti anche i tempi strettissimi a disposizione, l’attenzione delle istituzioni si sposti sulle vere impellenze da assolvere: la creazione di nuovi spazi, aggiuntivi per accogliere gli alunni che non possono essere collocati nelle aule, andando a recuperare soprattutto i 15 mila plessi scolastici dismessi nell’ultimo decennio; tornare a fare lezione in scuole a misura d’uomo; creare delle classi di non oltre 15-16 alunni; la formazione di un organico aggiuntivo di 150-160 mila docenti e almeno 40 mila unità di personale Ata. Si tratta di un’operazione fattibile, finanziabile anche con il 10 per cento dei fondi del Recovery Fund previsti dall’Unione europea per la ripartenza di tutti i Paesi membri, come abbiamo spiegato più volte allo stesso premier Giuseppe Conte anche durante gli Stati Generali dell’Economia”. 

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