Rinnovo del contratto e previsti aumenti stipendiali offendono definitivamente i docenti

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Ci avviciniamo a grandi passi alle elezioni politiche e la scuola torna a far parlare di sé.

Fa sempre gola l’elettorato docente che, col suo indotto familiare, può arrivare ai 2,5 milioni di voti. Una cifra che da sola vale percentuali da partito di media grandezza, ma soprattutto potrebbe servire per spostare maggioranze. Eccoci dunque a fare i conti con la passata legislatura che ha visto approvare l’ennesima riforma eufemisticamente battezzata “Buona Scuola”. Sarebbe tuttavia ingeneroso attribuire tutti i mali agli ultimi artefici, perciò allargheremo il nostro ragionamento ai 50 anni trascorsi dal ’68 a oggi. Ci porremo semplici ma precise domande che serviranno a fare un bilancio dell’operato dei governi di centrodestra e centrosinistra.

  1. E’ aumentato il rispetto/prestigio nei confronti degli insegnanti?
  2. E’ migliorata la loro condizione lavorativa e sono diminuiti gli stereotipi su di loro?
  3. E’ adeguata la loro retribuzione salariale rispetto ai Paesi UE?
  4. E’ stata oculatamente rivisitata la loro situazione previdenziale?
  5. E’ tutelata la loro salute professionale dall’usura psicofisica?
  6. Si tiene conto nella prevenzione della salute che l’83% del corpo docente è donna?
  7. Sono effettuati studi scientifici per riconoscere e prevenire le malattie professionali?
  8. E’ attuata la formazione di docenti e dirigenti sullo Stress Lavoro Correlato?
  9. E’ aumentata la componente maschile tra i docenti?
  10. Sono giovani e motivati i docenti italiani rispetto a quelli degli altri Paesi UE?
  11. E’ stata resa più attrattiva la professione per i giovani?
  12. E’ tutelata l’incolumità dei docenti rispetto alle aggressioni fisiche dall’utenza?
  13. E’ stata tutelata la privacy dei docenti da indagini giudiziarie spettacolarizzate?
  14. ………………………………………………………………………………………?

Molte altre sono le domande che potrebbero allungare l’elenco, ma non è il caso di infierire perché l’obiettivo del ragionamento consiste nell’evidenziare due particolarità e cioè che vertono tutte sugli insegnanti, quale cuore del sistema scolastico, e hanno tutte quante risposta inesorabilmente negativa. I risultati ottenuti in mezzo secolo sono pertanto del tutto insufficienti e dovrebbero indurre a riflettere sulla “riformite” acuta. Stiamo correndo un Gran Premio di formula 1 con tecnologie avanzate e piloti invecchiati malamente. L’ultima legislatura è certamente emblematica: una riforma contestatissima approvata a colpi di maggioranza e a scapito degli insegnanti, un rinnovo contrattuale infamante, un contentino previdenziale alla scuola dell’infanzia. E gli ultimi due provvedimenti celano una pericolosa insidia che serve a innescare una guerra tra poveri. I docenti (economicamente beffati) si levano contro i dirigenti scolastici che hanno avuto un aumento appena adeguato, mentre i docenti di ogni ordine e grado si scagliano contro le maestre degli asili nido e della Scuola dell’Infanzia che hanno ottenuto la riduzione dell’età pensionabile a 63 anni senza balzelli penalizzanti. Per contrastare la malizia dei suddetti provvedimenti i capi d’istituto dovrebbero invece sostenere con forza le giuste rivendicazioni salariali degli insegnanti e le maestre del nido e dell’infanzia richiedere al contempo le stesse agevolazioni previdenziali per i colleghi della primaria e della secondaria. A tale proposito vale la pena spendere due parole. Gli studi scientifici a disposizione (l’ultimo pubblicato nel 2016 ad opera della Università La Sapienza di Roma) dimostrano che l’alta usura psicofisica dei docenti è analoga in tutti i livelli d’insegnamento e prescinde pure dalla differenza dei generi maschile e femminile. Ne consegue che la scelta operata dal governo – ancora una volta – non ha alcuna base razionale o scientifica. Potrebbe semmai avere una spiegazione emotiva a seguito dei “rumorosi” casi di presunti maltrattamenti sulla piccola utenza da maestre-nonne che hanno superato i 60 anni di età e i 40 di contributi. Anche in questo caso il governo si rifiuta di analizzare il fenomeno come evidente effetto della riforma Monti-Fornero che ha rivisitato la previdenza “al buio”, cioè senza tenere conto della salute dei lavoratori che è inscindibilmente legata a età anagrafica e anzianità di servizio con tanto di malattie professionali. Tornando per un attimo alla questione salariale, non si sarebbe potuta studiare una soluzione strutturale anziché disperdere in mille rivoli le già poche risorse (80 euro a pioggia, buono da 500 euro ai docenti, fondi anti-discriminazione, anti-bullismo, …)?

Ecco che nella corsa elettorale i due schieramenti tradizionali di centrodestra e centrosinistra sono quelli candidati a pagare maggiormente lo scotto riformista degli ultimi vent’anni, mentre la nuova forza emergente (M5S) beneficia del vantaggio di non aver avuto responsabilità di governo annunciando al contempo lo smantellamento della L107/15. Per recuperare lo svantaggio, o per non perdere il vantaggio acquisito, alle forze politiche non basta annunciare la cancellazione delle riforme altrui o promettere ingenti stanziamenti e assunzioni a tappeto. La prossima legislatura deve essere incentrata a beneficio della figura dell’insegnante, a cominciare dalla tutela della sua salute per continuare con l’importanza del suo ruolo, fino a concludere con la restituzione del suo prestigio: tutte cose che richiedono necessariamente la giusta monetizzazione al pari di quella degli Stati membri della UE.

Infine una considerazione sull’attuale ministro dell’Istruzione e sul suo operato. La scelta di Valeria Fedeli poteva certamente destare perplessità per la mancanza di titoli di studio ma, essendo rinomata per il suo passato sindacale nella Cgil e per il suo attivismo femminista e anti bullismo, ci saremmo attesi nell’ordine: un rinnovo del contratto che non fosse una beffa (aveva appena proclamato che lo stipendio dei docenti doveva essere raddoppiato); un’azione a tutela della salute della categoria professionale più femminile di tutte (83%); un intervento risoluto contro le sempre più numerose aggressioni ai danni dei docenti.

Aspettative puntualmente disattese.

Meditate docenti, meditate.

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