Rientro a scuola, come si fa a comunicare con una mascherina? Lettera

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Inviata da Claudio Riccadonna – Come si fa a comunicare con una mascherina, nell’ipotesi, al sottoscritto, non ancora chiara, di doverla indossare nello svolgimento delle attività didattiche…?

Infatti Il Cts – almeno due settimane prima dell’inizio dell’anno scolastico – aggiornerà in considerazione del mutato quadro epidemiologico, le proprie indicazioni in merito all’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale per gli alunni e gli insegnanti all’interno dell’aula e negli spostamenti e nella permanenza nei locali comuni. Ma ve lo immaginate di
rientrare in classe imbavagliati, con una fascia che coprirebbe gran parte del viso, a richiamare più un ambiente da ospedale, se non da sala operatoria, che “taglia chirurgicamente” le relazioni umane, piuttosto che un ambiente formativo, costruttivo, a sostegno del rapporto discente-docente e del processo di socializzazione.

Spiegare per diverse ore con uno “schermo”, costituirebbe una prova peggiore di quella che abbiamo vissuto per mesi, in fase di lockdown. Emozioni facciali nascoste, o appena accennate attraverso una deformazione del “bavaglio”, volti inespressivi che si affiderebbero in alcuni frangenti, a qualche lumata minacciosa. Per carità… il solo pensiero di “appiccicare” quella protezione che si arricchisce facilmente di pelucchi e capace di assorbire una miriade di “stagnanti goccioline”, nell’arco di qualche minuto, fa rabbrividire o meglio fa sudare anticipatamente! Figuriamoci lavorare in queste condizioni per intere mattinate e pomeriggi…

Poi, tanto per fare qualche esempio, come riuscire a leggere al meglio, a interpretare con la dovuta enfasi un testo letterario, senza l’indispensabile supporto di una corretta modulazione della voce “ora così incerottata”, senza l’accompagnamento della forza mimica del viso, “fotografato” nella sua interezza?!

D’altra parte la voce è un potente strumento musicale e come tale non lo puoi imbavagliare. Insomma quella che è la piacevole fruizione di un prodotto letterario risulterebbe inibita e ostacolata. Una lettura
solitamente calorosa potrebbe diventare fredda e poco emozionante, incespicata per forza di cose, non sempre fluida e scorrevole, inadatta a trasmettere entusiasmo. Del resto, sia il tono della voce che l’espressione facciale dovrebbero anche riflettere sentimenti appropriati al materiale trattato. Figuriamoci, nella situazione inversa, come leggerebbero i ragazzi un brano proposto in classe con la mascherina addosso, già “poco enfatici” abitualmente!! La difficoltà di mantenere desta, quindi, l’attenzione
dell’uditorio, in questo caso degli studenti, già, in condizioni di assoluta normalità, propensi a distrarsi con estrema facilità (tuttavia, le distanze “siderali” di qualche metro tra un allievo e l’altro eviterebbero chissà,
situazioni di continuo ciangottio, ma che aspetto da caserma…Poveri ragazzi comunque obbligati a intere mattinate e pomeriggi in isolamento!

Quasi scontato comunque “il divieto” delle insane urlate improvvise: infatti, non si vorrà aumentare esageratamente il livello ammorbante di umidità interno al dispositivo protettivo con cui convivere spiacevolmente o andare incontro a problemi di ipossia o di ipercapnia?! Nulla di più fastidiosamente innaturale, oltremodo, da alcune ipotesi al vaglio, il tutto a partire dalle 7 di mattina…

Meglio, a questo punto, una prosecuzione della dad, sperimentata finora, piuttosto che impaniarsi in questa incorporea “didattica della distanza”… Capisco il desiderio comune di tornare in aula, ma non in queste condizioni!

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