Riduzione ore di sostegno. Ancora una condanna per il MIUR. 800euro per ogni mese di riduzione

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Non si capisce il perché, ma si continua a registrare una certa ostinazione da parte di alcune scuole e DS nel voler negare o ridurre le ore di sostegno quando queste vengono in modo legittimo e legale richieste dalle famiglie.

Quale la ratio di tale ostinazione? A dir poco vergognosa? Solo per motivi di cassa? Arriva l’ennesima sentenza del TAR Lazio( in questo caso TAR Lazio Roma Sez. III bis, Sent., (ud. 06-02-2018) 05-04-2018, n. 3790) che condanna il MIUR per i motivi che ora seguiranno. Con il ricorso in decisione i sig.ri -OMISSIS-, nella qualità di genitori del minore -OMISSIS-, iscritto presso la scuola primaria dell’Istituto scolastico Comprensivo “-OMISSIS-” di -OMISSIS- ed affetto da handicap grave ai sensi dell’art. 3, comma 3, della L. n. 104 del 1992, hanno domandato a questo TAR l’annullamento, previa sospensione cautelare, anche inaudita altera parte, dell’atto prot. n. -OMISSIS-, del -OMISSIS-, con il quale il Dirigente scolastico ha certificato che, per il corrente anno scolastico 2016/17, all’alunno sono state attribuite “n. 11 ore di Sostegno e n. 24 ore di servizio AEC che risultano essere state ridotte rispetto alle precedenti n. 30 ore erogate fino al 22.12.2016“. I ricorrenti hanno rappresentato che il loro figlio, in quanto affetto da patologia invalidante grave, “necessita di essere assistito permanentemente nelle forme e con le modalità previste dalla legge per favorire l’integrazione e l’inserimento scolastico”: la limitazione delle ore stabilita dall’istituto scolastico risulterebbe pertanto “inadeguata a fronte delle 40 ore settimanali frequentate dal bambino a tempo pieno dal lunedì al venerdì” ed hanno, quindi, chiesto “la reintegrazione delle ore di sostegno nella misura complessivamente spettanti a copertura totale dell’orario scolastico pari a 1:1 settimanali”. In diritto hanno sollevato le censure di eccesso di potere per ingiustizia manifesta ed irragionevolezza, difetto di motivazione, sviamento e contraddittorietà, violazione e falsa applicazione di legge ecc.

Così il TAR: “Come più volte statuito da numerose e recenti decisioni del Consiglio di Stato, il diritto all’istruzione del disabile, ed in particolare del disabile grave, quale derivante sia dall’art. 38, comma 3, Cost. sia dai principi di solidarietà collettiva di cui agli artt. 2, 3 e 38 Cost., costituisce un diritto fondamentale rispetto al quale il legislatore (in prima battuta) e l’amministrazione (in attuazione della legge) non possono esimersi dall’apprestare un “nucleo indefettibile” di garanzie, fino anche a giungere alla determinazione di un numero di ore di sostegno pari a quello delle ore di frequenza, in caso di accertata situazione di gravità del disabile (cfr., in tal senso, la giurisprudenza del Consiglio di Stato coeva e successiva alla sent. n. 80 del 2010 della Corte costituzionale, in particolare le sentt. nn. 2231 del 2010 e n. 704 del 2015 della VI sez., oltre alle più recenti nn. 2023, 2624 e 2698 del 2017, sempre della VI sez.). Anche secondo la giurisprudenza di questa Sezione (cfr. tra le tante, di recente, TAR Lazio, -OMISSIS-, sez. III-bis, sent. n. 295 del 2018), la censurata condotta dell’istituto scolastico, consistente nel riconoscimento di un monte-ore settimanali di sostegno inferiore, nel caso di specie, alla proporzione 1:1, è in violazione della legge-quadro n. 104 del 1992 per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone disabili, nonché del D.Lgs. n. 297 del 1994, recante disposizioni legislative in materia di istruzione, leggi tutte che sanciscono il diritto del disabile all’integrazione scolastica ed allo sviluppo delle sue potenzialità nell’apprendimento, nella comunicazione e nelle relazioni, per consentirgli il raggiungimento della massima autonomia possibile. Peraltro – come pure è stato affermato, a più riprese, in giurisprudenza – i principi costituzionali sopra richiamati (ed invocati nel ricorso) impongono di dare una lettura sistematica alle disposizioni sulla tutela degli alunni disabili ed a quelle sull’organizzazione scolastica e sulle disponibilità degli insegnanti di sostegno, nel senso che le posizioni degli alunni disabili devono prevalere sulle esigenze di natura finanziaria (cfr., in tal senso, oltre a Corte cost., sent. n. 80 del 2010, anche Cons. Stato, sez. VI, sentt. nn. 2023, 2624 e 2698 del 2017, già citt.), con conseguente irrilevanza delle giustificazioni (peraltro, postume) in tal senso avanzate dall’amministrazione nella relazione depositata agli atti di causa.Nel caso di specie, i ricorrenti hanno peraltro depositato in giudizio la certificazione della Commissione medica presso la ASL attestante la presenza di un handicap grave ai sensi della L. n. 104 del 1992 , oltre ad ulteriore certificazione medica che evidenzia la gravità della patologia sofferta dal minore e le conseguenti necessità di sostegno ed al Piano Educativo Individualizzato, redatto in data 6 dicembre 2016 che, pur dando atto di alcuni progressi ultimamente raggiunti dall’alunno, ulteriormente conferma il bisogno di assistenza continua del minore durante le attività scolastiche. In applicazione dell’art. 34, comma 1, cod. proc. amm., deve pertanto essere riconosciuto al minore, così come domandato dai ricorrenti, e per l’anno scolastico di riferimento, il diritto all’insegnante di sostegno per l’intero arco della giornata scolastica, ossia secondo il rapporto 1:1, con ogni conseguente obbligo in capo all’amministrazione intimata.

Quanto alla domanda risarcitoria, essa deve essere parimenti accolta, in linea con la giurisprudenza di questa Sezione (cfr., di recente, ancora la sent. n. 295 del 2018). Deve al riguardo premettersi che il diritto all’istruzione del minore portatore di handicap ha rango di diritto fondamentale, da rispettarsi con rigore ed effettività sia in adempimento ad obblighi internazionali (artt. 7 e 24 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 13 dicembre 2006, ratificata con L. n. 18 del 2009), sia per il carattere assoluto proprio della tutela derivante dagli artt. 34 e 38, commi 3 e 4, Cost. (cfr., in tal senso, tra le tante, Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 5317 del 2014). La mancata attivazione, nel caso di specie, dell’intervento dell’insegnante di sostegno nel rapporto 1:1, sin dall’inizio dell’anno scolastico, deve ritenersi, secondo le massime di esperienza tratte dalla scienza medica, che abbia accresciuto, con ragionevole probabilità, le difficoltà di inserimento e di partecipazione alla vita scolastica e relazionale del minore, con la conseguenza per cui la resistente amministrazione va condannata al risarcimento del danno quantificato, in via equitativa, in misura pari ad Euro 800,00 per ogni mese (con riduzione proporzionale per le frazioni di mese) per il quale risulti che, durante l’anno scolastico 2016/17, e nonostante le pronunce cautelari di questo TAR, il minore abbia effettivamente sofferto della mancata assistenza nel predetto rapporto di 1:1.”

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