Ricorso al TAR degli editori contro il decreto Profumo sugli e-book

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Red– Gli editori italiani ricorrono contro il decreto Profumo: la notizia è dell’agenzia TM(News).

 "Non ricorriamo contro i libri digitali – ha spiegato il presidente del Gruppo educativo dell’Associazione italiana editori, Giorgio Palumbo – ma contro i tempi e i modi di realizzarne la diffusione, che sono in contrasto rispetto alla legge votata dal Parlamento e non tengono conto delle carenze infrastrutturali della scuole".

Red– Gli editori italiani ricorrono contro il decreto Profumo: la notizia è dell’agenzia TM(News).

 "Non ricorriamo contro i libri digitali – ha spiegato il presidente del Gruppo educativo dell’Associazione italiana editori, Giorgio Palumbo – ma contro i tempi e i modi di realizzarne la diffusione, che sono in contrasto rispetto alla legge votata dal Parlamento e non tengono conto delle carenze infrastrutturali della scuole".

Il ricorso al Tar riguarda in particolare due argomenti: l’adozione "forzata" di testi digitali imposta dal decreto per le classi capiciclo (la prima classe della scuola primaria e secondaria) e, in secondo luogo, l’abbattimento previsto dei tetti di spesa del 20%-30% già dall’anno 2014-2015.

"Il decreto Profumo – ha aggiunto Palumbo – ha introdotto una nuova adozione digitale forzata a dispetto delle autonomie delle scuole e delle stesse capacità tecniche di scuole, insegnanti e alunni ad essere pronti già per l’anno 2014-2015. Costringerà noi editori ad annullare i nostri investimenti e a macerare i nostri magazzini, costituiti in base alla legge dei blocchi delle adozioni e calcolati secondo le ragionevoli aspettative del graduale passaggio al digitale, così come definito dal testo della legge votato in Parlamento".

"In secondo luogo – ha proseguito Palumbo – il decreto Profumo è andato in modo irragionevole, senza alcuna istruttoria sui costi reali di produzione che supportasse la decisione, ad abbattere i tetti di spesa per tutte le classi delle scuole secondarie del 20-30% già dall’anno 2014/2015. L’ex ministro si è basato sul falso presupposto che il passaggio al digitale comportasse un abbattimento dei costi di produzione, indimostrato peraltro. Al contrario esso richiede altre professionalità e altri costi e sconta un’Iva di 17 punti percentuali (forse da luglio di 18) in più rispetto ai libri di carta. Il danno per noi e per tutta la filiera è ancora maggiore se si considera che dobbiamo stare in questi tetti di spesa non solo per i nuovi libri digitali ma anche per tutti gli altri già in utilizzo".

"Per tutti questi motivi – ha concluso Palumbo – il decreto Profumo viola i diritti patrimoniali di autori ed editori, espressamente tutelati dalla legge, creando al tempo stesso un danno di sistema a tutta la filiera – si pensi a stampatori, cartai, promotori, ma anche agli stessi autori – peraltro in modo arbitrario e giuridicamente illogico. Il decreto, oltretutto, non favorisce alcun risparmio per le famiglie, a maggior ragione se si considera che in base alla filosofia del decreto Profumo il risparmio sui contenuti dovrebbe essere da loro investito in tablet e device. Auspichiamo per questo che il ricorso venga accolto: nel frattempo ci ritroviamo a gestire questo momento davvero con estrema difficoltà".

 

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