Recita Natale, un omaggio a migrazione ante litteram in Palestina. Lettera

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Inviato da Lorenzo Picunio – Il tema delle rappresentazioni religiose dentro la scuola è naturalmente delicato perché investe sensibilità diverse e profonde.

Va letto, al di fuori degli aspetti riguardanti le leggi, in maniera dialettica.
Se si guardasse soltanto alle norme la questione sarebbe chiusa dall’art. 3 della Costituzione (Tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge senza distinzione …. di religione “) e riaperta dall’art. 7 (“Lo Stato e la Chiesa Cattolica sono, ciascuna nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi”).

Quell’articolo segnava il punto di mediazione fra Partito Comunista e Democrazia Cristiana nel 1947, prima della rottura dell’unità antifascista. Da notare che nemmeno l’Urss di Stalin ebbe qualcosa da ridire sull’accettazione da parte del Pci di questa specificità italiana.

Le cose cambiarono per molti aspetti con il nuovo Concordato del 1984 (governo Craxi) che strutturo’ l’insegnamento della religione affidato ad insegnanti scelti dalla Curia e pagati dallo Stato.

Un elemento nuovo fu la comparsa di una componente non piccola di genitori e alunni cattolici – a volte catechisti o comunque praticanti – che scelsero l’ “attività alternativa ” non come messaggio di estraneità alla religione ma come richiesta di separazione fra Chiesa e stato.

Oggi la realtà del mondo, e dell’Italia, si è in parte modificata. Le migrazioni hanno portato a presenze religiose diverse da quelle del passato. Ma l’incontro di religioni porta anche a limitare gli aspetti conflittuali, e a scoprire gli elementi comuni.

C’è un solo Dio, chiamato con nomi diversi, e nei fatti una sola vera religione, quella dell’uguaglianza, della fraternità, del bene comune, del rispetto dell’ambiente, dell’accoglienza. Se poi differiscono i riti e le preghiere, unico è l’anelito verso l’umanità. E allora anche i problemi delle recite scolastiche di Natale o del crocifisso nelle aule diventano meno gravi. La recita riguarda un momento, tanti anni fa in Palestina, di accoglienza di migranti. E il crocifisso è un simbolo universale della sofferenza umana.

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