Quota 100, Anief: per 80 mila docenti e Ata prima l’amaro ora la beffa

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Comunicato Anief – Colpo di scena per la riforma delle pensioni: nella legge di bilancio non ci sarà il dettaglio del funzionamento, ma solo le coperture finanziarie; per le modalità per andare in pensione con quota 100 (62 anni di età e 38 di contributi) bisognerà attendere un decreto ad hoc di cui ancora non si conoscono le tempistiche.

E la scuola è uno dei motivi del rinvio, perché si andrebbe incontro ad un sicuro mancato turn-over. Anche se poi i docenti già selezionati e formati ci sono. Secondo Anief tutto questo è sconcertante: prima la scoperta che l’annunciata quota 100 in quanto pensione anticipata rispetto al sistema contributivo avrebbe portato fino a 500 euro di riduzione dell’assegno, ora il rinvio della controriforma per evitare l’esodo e garantire il reddito di cittadinanza. Marcello Pacifico (Anief-Cisal): basta annunci, si vada in pensione a 63 anni o con 37 di contributi ma senza penalizzazioni, così come promesso dal governo e ribadito nel programma M5S-Lega.

 

Per quota 100 è tutto da rifare. Tra le motivazioni del cambiamento di linea del governo, scrive Orizzonte Scuola, vi sarebbero i troppi docenti ed Ata interessati nel pensionamento anticipato: circa 80 mila. Troppo per essere sopportato dal sistema scuola che secondo il Miur non sarebbe pronto a questo maxi turn over, anche se poi a ben vedere i docenti abilitati e gli Ata già selezionati, pronti a subentrare, ci sono già ora: invece, “si punta ad un provvedimento a parte con possibile riformulazione per tutto il reparto pubblico. Infatti, oltre alla scuola altri delicati settori come la sanità potrebbero essere interessate dal fenomeno anticipo, con grave problema per la copertura dei posti vacanti. Si stima, infatti, che nel totale del complesso pubblico, i potenziali interessati alla riforma potrebbero raggiungere quasi i 400mila”.

 

Inoltre, in base a quanto trapela dalla maggioranza, nella legge di bilancio rivista e corretta “ci saranno indicazioni sui fondi da utilizzare che saranno due: uno per le pensioni e uno per il reddito. Il resto sarà inserito in norme ad hoc che potrebbe cambiare le cifre, se l’accesso con quota 100 (con i paletti a 62 anni di età e 38 di contributi) dovesse essere solo temporanea”.

 

Sulla parziale marcia indietro pesa, probabilmente, il giudizio negativo di “Standard & Poor’s” che da poche ore ha confermato il rating dell’Italia a ‘BBB’ rivedendo però al ribasso l’outlook a negativo da stabile: secondo l’agenzia internazionale, le misure del governo ”peseranno sulla performance economica e finanziaria” del Paese mettendo a rischio ”la graduale ripresa” e minando la sostenibilità di lungo termine dei conti pubblici, soprattutto con il parziale capovolgimento della legge Fornero. In particolare, ”data l’ampiezza del cambiamento demografico in corso in Italia” le misure del governo per capovolgere parzialmente la Fornero se ”attuate in pieno invertiranno i guadagni” realizzati con la riforma e ”minacceranno la sostenibilità di lungo termine dei conti pubblici”.

 

I rilievi mossi da “Standard & Poor’s” si sommano a quelli di qualche giorno fa della Commissione UE che ha puntato il dito contro il reddito di cittadinanza, la flat tax e, appunto, la riforma delle pensioni. Il cambio di strategia legislativa del governo, quindi, deriva anche da questo. Solo che di mezzo, ancora una volta, ci vanno i lavoratori italiani: centinaia di migliaia di dipendenti che, dopo una vita di sacrifici e contributi versati, hanno creduto alle promesse di chi si è preso l’impegno di salvaguardare il diritto alla pensione su parametri analoghi a quelli degli altri Paesi a noi più vicini, quindi attorno ai 62-63 anni.

 

Ora, però, arriva l’amara verità: prima con la scoperta che l’annunciata quota 100 si sarebbe collocata pressoché integralmente nel computo contributivo, decisamente più svantaggioso, con l’obiettivo di tagliare di netto fino a 500 euro l’assegno di quiescenza. Ora arriva la doccia fredda: il rinvio della controriforma per evitare l’esodo e garantire il reddito di cittadinanza, un diritto che in sé potrebbe anche essere plausibile ma che vale la pena ricordare che andrà accordato anche a chi non ha mai lavorato.

 

Visto come si sta indirizzando la riforma delle pensioni, quindi, è chiaro che il sindacato non può stare a guardare: secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, e segretario confederale Cisal, “è giunto il momento di dir basta agli annunci, finalizzati solo a rimediare consenso. È l’ora dei fatti: si permetta di accedere finalmente alla pensione di anzianità a 63 anni o con 37 di contributi, ma senza penalizzazioni, così come promesso dal governo e ribadito nel programma M5S-Lega. In caso contrario, i cittadini presi in giro ne trarranno le debite considerazioni”, conclude il sindacalista autonomo.

Anief ricorda che sul tema pensioni è possibile chiedere una consulenza personalizzata a Cedan, contattando la sede più vicina. Per maggiori informazioni ci si può collegare al sito internet oppure scrivere una e-mail all’indirizzo   [email protected] o contattare il numero 091 7098356.

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