Quanto dura un anno scolastico

Di Lalla
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Franco Buccino – Ventimila ragazzi delle superiori erano a rischio bocciatura a causa delle assenze. Anche a Napoli un bel po’. Con l’inettitudine di sempre, il Ministero ha rimandato alle scuole autonome la decisione di applicare o no le proprie direttive.

Franco Buccino – Ventimila ragazzi delle superiori erano a rischio bocciatura a causa delle assenze. Anche a Napoli un bel po’. Con l’inettitudine di sempre, il Ministero ha rimandato alle scuole autonome la decisione di applicare o no le proprie direttive.

A marzo aveva scritto che con cinquanta assenze, un quarto dei canonici duecento giorni minimi di lezione, si era bocciati. Ora sono le scuole a stabilirlo. Per esempio, decidendo esse se le occupazioni sono giorni di assenza o di presenza. Sembrerebbe che l’orientamento dei consigli dei docenti sia di bocciare con misura per le assenze, e di lanciare un messaggio del tipo: quest’anno vi perdoniamo, ma l’anno prossimo pensateci bene.

Sostiene il Ministro Gelmini che come al solito non abbiamo capito niente. "Vogliamo solo invogliare i giovani alla partecipazione" ripete. Questo sarebbe il senso del provvedimento.

È molto pericoloso dire che con cinquanta assenze si è bocciati, perché se si stabilisce che uno studente per passare alla classe successiva o per essere ammesso all’esame deve fare un numero minimo di giorni di scuola e un numero minimo di ore di lezione nelle varie materie, allora garantire questi minimi diventa un problema più per l’Amministrazione che per gli studenti. Le lezioni cominciano a metà settembre e terminano a metà giugno: tolte le domeniche, sono 230 giorni. Tolte le vacanze di Natale e Pasqua, santo patrono e festività varie, sono circa 210 giorni. Con qualche altro giorno concesso dalla Regione o dal Consiglio d’istituto, ci si avvicina alla soglia minima dei 200 giorni, prevista per la validità dell’anno. Ma un anno scolastico è costellato da molti incidenti e imprevisti. Un rapido e incompleto elenco: manca l’acqua, le disinfestazioni dell’Asl, lavori urgenti e improcrastinabili, calamità naturali, elezioni e ballottaggi, assemblee e scioperi del personale. In tal modo i giorni utili di scuola calano di parecchio.

E stiamo parlando dei giorni, mentre bisogna parlare delle ore di lezione, e delle ore di ogni singola materia. Un’ora settimanale di lezione corrisponde a trentatre ore annue, due ore corrispondono a sessantasei, tre a novantanove, e così via. Quando non c’è scuola si perdono tante ore di lezione; ma anche nei giorni in cui c’è scuola, non sempre si riesce a coprire tutte le ore di lezione, e non tutte le ore con il docente della materia in orario.

Ci sono professori assenti, ci sono docenti nominati in ritardo, supplenti non nominati per mancanza di fondi. Allora: alcune classi entrano più tardi, altre escono prima, ci sono classi con docenti di altre materie in sostituzione, classi che rimangono affidate alla sorveglianza dei collaboratori scolastici, classi “scoperte” cioè in pratica senza controllo. E così il monte ore di una materia si può ridurre anche della metà nel corso dell’anno. Immaginiamo le conseguenze per una classe che in un anno fa cinquanta anziché novantanove ore di inglese oppure ottanta ore di matematica al posto di centocinquantacinque previste. È una vera e propria piaga che governo e ministro, con le loro scelte economiche e ideologiche, hanno acuito. Meno insegnanti, meno compresenze, meno completamenti di cattedre in ore non “frontali” rendono molto più problematica l’organizzazione di una scuola.

È questo il contesto nel quale si inseriscono le assenze degli studenti. Non tanto quelle individuali, che, se superano un livello fisiologico, rivelano malesseri di vario genere, per cui non è l’assenza il dato più importante. Sono le assenze collettive che contribuiscono a ridurre il numero di giorni effettivi di scuola.

È evidente che non sono l’unica e neanche la principale causa dei giorni in meno di scuola. Ma strumentalmente vengono presentate come se lo fossero. Per tener sotto controllo i ragazzi, per frenare il loro impegno e la loro protesta, ma anche per distrarre l’opinione pubblica dalle vere cause del fenomeno che sono generate in particolare dall’Amministrazione scolastica e dalle sue scelte. Le assenze collettive dei ragazzi, per manifestazioni, cortei, scioperi e occupazioni, sono un fenomeno esaltante per alcuni aspetti, ambiguo e contraddittorio per altri. Il movimento studentesco è stato tante volte, nel corso degli anni, apripista di proteste più generali e insieme strenuo difensore della scuola pubblica e dei diritti. E però in troppe scuole occupazioni e manifestazioni sono un pretesto per sospensioni forzate delle attività didattiche.

Occorrerebbe battersi per un anno scolastico in cui siano garantiti, senza eccezione, gli almeno duecento giorni di scuola e tutte le ore di lezione, con i recuperi, le flessibilità, le competenze, le risorse necessarie, soprattutto. Una scuola così organizzata potrebbe pretendere dai suoi studenti il minimo di giorni e di ore di frequenza, anche attraverso il recupero di ore perse. I ragazzi sarebbero messi di fronte alle proprie responsabilità, le decisioni di occupazioni e manifestazioni sarebbero assunte in forma più partecipata. Alcune brutte abitudini allora sì che scomparirebbero. In una scuola così organizzata il numero dei bocciati diminuirebbe: per il minor numero di assenze e, soprattutto, per un miglior rendimento degli studenti. E perfino la Gelmini potrebbe gioire nell’avere contemporaneamente una scuola più seria e meno bocciati.

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