Quali sbocchi occupazionali per i diplomati del nuovo indirizzo professionale Servizi per la Sanità e l’Assistenza sociale?

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E’ questa la preoccupazione che il Presidente della Rete Nazionale degli Istituti Professionali Sociosanitari manifesta in tutte le sedi istituzionali, ma non solo, in vista dell’avvio della riforma prevista dal d.lgs 61/2017.

Benché, infatti, tutti i nuovi profili professionali siano accompagnati dai codici di attività (ATECO) e dei codici delle professioni (NUP), al fine del loro inquadramento nella classificazione degli sbocchi occupazionali, per l’indirizzo Servizi per la Sanità e l’Assistenza Sociale la questione appare più complessa.  Il diploma in questo indirizzo ha una caratterizzazione sanitaria che chiama al confronto diversi attori: le Regioni – che hanno competenza in materia di Sanità – il Ministero del Lavoro e il Ministero della Salute, oltre al MIUR.

In sostanza, è necessario chiarire in che modo il profilo in uscita dell’Indirizzo di studio Sevizi per la Sanità e l’Assistenza sociale, possa trovare posto all’interno delle professioni sanitarie, dato che oggi non è presente un operatore diplomato -ossia di quarto livello EQF. Come è noto, infatti, esistono, da una parte, la figura professionale dell’Operatore Socio Sanitario (OSS) – di terzo livello EQF- con formazione regionale di 1000 ore, e, dall’altra, la figura dell’Infermiere laureato.

Tuttavia una figura intermedia tra l’OSS e l’infermiere laureato, ossia il Diplomato in Servizi per la Sanità è l’Assistenza Sociale, sarebbe in grado di occupare  il vuoto attuale in modo competente e preparato, poiché si forma in un quinquennio (oltre 5000 ore) di istruzione espressamente dedicato.

Già ora i professionisti, operanti nelle strutture socio-sanitarie, hanno avuto modo di riconoscere, attraverso l’alternanza scuola-lavoro, le competenze dei diplomati dell’Indirizzo Servizi sociosanitari.

Per altro, è da sottolineare che l’accesso alla qualifica regionale di OSS, per gli studenti del corso di Istruzione Professionale, è regolato dalle singole Regioni, in modi completamente diversi, e molte Regioni addirittura non prevedono neppure crediti formativi per i diplomati dei servizi sociosanitari, con l’effetto di avere personale preparato che non può accedere al lavoro nella sanità e nell’assistenza sociale per il quale è formato.

Come garantire, davvero, gli sbocchi professionali a questi giovani che hanno scelto la relazione di aiuto come professione?

Il raccordo tra Regioni, Istruzione, Lavoro e Salute è imprescindibile, affinché la riorganizzazione degli Indirizzi professionali non finisca, ancora una volta, in un vicolo cieco, senza autentici di sbocchi professionali, mortificando le aspettative di studenti e famiglie.

La Rete Nazionale, assieme ad altri Stakeholders, ha dato il suo contributo alla definizione del profilo in uscita del diplomato dei Servizi per la Sanità e l’Assistenza sociale, contribuendo a definire una figura che si collochi negli ambiti sanitario e sociale, precisandone le competenze in coerenza con il livello di istruzione, in sinergia con gli altri professionisti.

La Rete Nazionale manifesta tutta la sua preoccupazione e si sta adoperando per favorire i diversi piani del confronto istituzionale e sociale, passaggi indispensabili affinché Ministero della Sanità, Ministero del Lavoro, Regioni e MIUR possano agire di concerto, offrendo, da un lato, congrue opportunità occupazionali ai giovani diplomati, dall’altro, rendendo disponibile per i servizi della sanità e dell’assistenza sociale una figura professionale qualificata, debitamente inserita nella contrattazione.

La Rete nazionale.

lancia quindi un appello forte alle Regioni e ai Ministeri, affinché vengano ottemperati gli impegni cui si è dato avvio così con il d.lgs 61/2017

Il presidente
Francesco Bussi

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