Quale voto si merita la scuola italiana? Lettera

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inviata da maestro Roberto Pietrobon – Gentilissima Ministra Lucia Azzolina, mi permetto di scriverLe queste righe perché sento tutta la frustrazione e il disorientamento rispetto all’ultima ordinanza con la quale si conferma che, anche per la scuola primaria, si dovranno utilizzare i voti per la valutazione.

Sono un maestro che vive e lavora nella città che l’ha eletta e utilizzo, forse impropriamente, questo spazio per rivolgermi direttamente a Lei.

I miei e le mie bambine hanno un’età compresa tra i 7 e gli otto anni e, in base all’ultima circolare di sabato scorso, io dovrò decidere se loro, che non vedo in aula dal 22 febbraio scorso, si meritano un otto, un dieci o un sei o, addirittura, se non hanno acquisito le competenze minime per passare alla classe terza.

Giovedì scorso, durante una delle due lezioni settimanali delle mie discipline, ho deciso di chiedere ai bambini cosa ne pensassero di questa “scuola al computer”. Sa che cosa mi hanno risposto in coro? Che non gli piace, e sa perché? Secondo loro questa didattica a distanza non funziona in quanto non possono “stare insieme” ma anche “che non capiscono molte cose che diciamo perché salta sempre la connessione” e tante altre motivazioni che, sono certo, avrà ben presente anche Lei.

L’utilizzo dei voti in sostituzione dei giudizi è figlia di una visione distorta del merito e dei criteri docimologici che, non a caso, venne reintrodotta dalla Ministra Mariastella Gelmini al crepuscolo del ventennio berlusconiano insieme all’obbligo dei “grembiulini” mentre si tagliavano personale, risorse e investimenti alla scuola italiana.

Oggi, in questa straordinaria situazione legata alla pandemia, l’istruzione avrebbe dovuto avere il coraggio di archiviare quei parametri di giudizio superandoli e restituendo una globalità che non può, in nessun modo, ridursi a un sei o a un nove.

Lei ha deciso altrimenti e, per questo, come ho già annunciato al collegio docenti del mio Istituto dichiaro fin d’ora che le miei alunne e i miei alunni saranno tutti promossi con il dieci.

Il mio dieci sarà per la bambina che, durante la lezione di scienze, mi ha interrotto per mostrarci le piantine del suo balcone, frutto del nostro “esperimento” sul ciclo vitale che, purtroppo, avevamo dovuto interrompere dopo la semina dei fagioli in classe.

Dieci avrà anche il sorriso raggiante del mio alunno che lunedì si è finalmente collegato alla video lezione perché solo la scorsa settimana ha avuto il device, promesso a inizio marzo.

Pieni voti otterrà il bambino che, prima di cominciare gli esercizi di yoga con i quali iniziamo tutte le nostre lezioni, mi ha chiesto se poteva eseguirli anche il suo fratellino insieme a noi.

Un bel numero a due cifre lo avrà anche la bambina che ha dovuto aspettare la sorella maggiore (che era bloccata fuori regione) per attivare l’account mail d’Istituto e, solo da quel giorno, è riuscita a inviarci i compiti e gli esercizi assegnati.

Dieci infine andrà a tutti i padri e le madri che in questi tre mesi hanno costruito una straordinaria comunità educante aiutandoci, tutti i giorni, a non lasciare indietro nessuno.

Onorevole Ministra, questa pandemia poteva essere l’occasione per fare dei piccoli e grandi passi per la scuola italiana, non solo liberando risorse, investendo in edilizia scolastica e riducendo i divari digitali ma anche rivoluzionando i criteri con i quali si valutano le competenze e le abilità dei cittadini e delle cittadine di domani.

Aver voluto ridurre, ancora una volta, a numeri tutto quello che in questi mesi di quarantena abbiamo sperimentato, dimostra che a non aver superato l’anno scolastico è solamente il sistema formativo di questo paese.

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