Qualche ora di studio a casa non uccide gli studenti. Lettera

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Antonella Currò – Egregio preside Parodi non so che infanzia abbia avuto lei ma sicuramente ha frequentato la scuola dei miei tempi, quando cioè si andava a scuola per studiare e non per pascolare fra attività ludiche e ricreative, quando se ti impegnavi andavi avanti altrimenti ripetevi l’anno per recuperare le lacune accumulate e non avevi bisogno dello psicologo per superare il “trauma”.

Avrà preso I suoi bei voti ma anche qualche insufficienza con carico da undici genitoriale ad infierire sul suo già stropicciato amor proprio e avrà passato pomeriggi e vacanze fra libri e partite di pallone con qualche puntatina su un cartone animato o un film in TV. Avrà avuto lodi e rimproveri dai suoi prof in stereo simmetrico con i suoi genitori e punizioni per una nota o un litigio con i compagni…e così come me nella banalità altalenante di alti e bassi, esaltazioni e sconfitte, soddisfazioni e frustrazioni, è cresciuto con le spalle larghe pronto a combattere le sue battaglie di oggi con le armi fornitele dalle sue esperienze di quella giostra chiamata vita.

Perché allora pensa che qualche ora di studio possa uccidere un ragazzo? Perché non rivendica con altrettanto vigore il nostro diritto all’ozio e al riposo? Il nostro diritto alle notti senza pensieri, ai pomeriggi senza corsi di formazione, ai weekend senza montagne di compiti da correggere e le vacanze senza programmare e preparare lezioni? Perché pensa che un bambino di oggi sia un cristallo frangibile al minimo urto circondato da airbags genitoriali psicologici e neuropsichiatrici pronti a proteggerlo dal contatto immunizzante con la vita vera?

Io e lei siamo sopravvissuti senza grossi danni alle sevizie scolastiche e parentali e se siamo qui a scrivere ed esprimere in modo comprensibile e logico le nostre idee forse lo dobbiamo anche alle torture subite dalle pagine di storia, grammatica e letteratura nei nostri terrificanti pomeriggi di studi ,quando da soli davanti ai libri ci mettevamo alla prova e alla fine vincevamo noi.

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