Privacy, tra predatori sessuali e parassiti virtuali. Si può scommettere sulla saggezza digitale dei giovani?

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Privacy, Il GDPR (Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali) e maggiormente il decreto di adeguamento (101/18) scommettono sull’adolescente, riconoscendogli la possibilità di decidere del proprio presente e futuro. Ma la maturità è solo presunta o corrisponde alla realtà? La frequentazione di TikTok ci fornisce un bel “quadretto”.

Privacy, si scommette sulla saggezza digitale dell’adolescente

Privacy è il tema che nei prossimi anni diverrà centrale per le persone. Ogni giorno appena accediamo al Web, attraverso il nostro dispositivo (smartphone, tablet, pc…) rilasciamo tante briciole della nostra identità reale. Di molte perdiamo il controllo, appena le condividiamo. Mi riferisco ai dati personali (foto, nome, residenza…) e in alcuni casi quelli sensibili (convinzioni politiche, religiose…) che esponiamo nella nostra vetrina virtuale, dando quasi sempre un consenso superficiale. Situazione che accomuna a gradazione diversa adulti, ragazzi e anche bambini.

Coraggiosa la scelta presente nel GDPR (Regolamento europeo sulla protezione dei dati personali) e soprattutto nel Decreto nazionale di adeguamento (101/18), di scommettere sulla saggezza digitale ( M. Prensky) dell’adolescente. Questa si esprime, innanzitutto in un consenso responsabile al trattamento dei propri dati personali, effettuato dalle società dell’informazione o da persone fisiche (amici, conoscenti…) .

Si legge nel GDPR (art. 8 comma 1): “per quanto riguarda l’offerta diretta di servizi della società dell’informazione ai minori, il trattamento di dati personali del minore è lecito ove il minore abbia almeno 16 anni. Ove il minore abbia un’età inferiore ai 16 anni, tale trattamento è lecito soltanto se e nella misura in cui tale consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale.”
Il decreto di adeguamento nazionale fissa in quattordici anni l’inizio della maggiore età digitale, uniformando il GDPR al codice penale (art. 97) e alla legge per il contrasto al cyberbullismo (L.71/17).

Il consenso è facile, il difficile è nel considerare la prospettiva

Ora l’atto formale risulta facile. E’ sufficiente spuntare le voci che costituiscono le condizioni d’uso proposte dalla società dell’informazione (Facebook, Instagram,WhatsApp, Snapchat…), alterando all’occorrenza qualche dato (data di nascita…).
E più difficile esercitare una vigilanza attiva che si traduce nella possibilità di trattenersi nel vetrinizzare qualche dato personale, esprimere contrarietà e dissenso alla pubblicazione effettuata da terzi delle nostre briciole di pane che rappresentano puzzle importanti della nostra identità. Quest’ultima sempre più difficile da definire negli elementi interni, risulta invece semplice nella individuazione della sua natura ibrida, costituita da un’interazione tra reale e virtuale, sempre più a vantaggio dell’ultima. Non a caso L. Floridi sostiene che il nostro esser-ci (M. Heidegger) sia “onlife”.
A differenza di quella reale, la nostra identità virtuale è immortale. I nostri dati personali rimarranno nel Web. Per sempre! Fisseranno il nostro profilo! Non potremmo modificarli, cancellarli, anche se nel frattempo la vita nel suo divenire ci farà essere inevitabilmente “altro”. In altri termini, oggi è possibile realizzare il sogno dell’uomo: esser-ci anche dopo la morte!

La saggezza digitale” del ragazzo è solo presunta.

M. Prensky parla sempre più di saggezza digitale che ha sostituito la più conosciuta espressione del nativo digitale. Interessante la nuova formulazione che risulta più universale perché riguarda tutti e non solo i ragazzi della generazione Z e che rimanda alla al pensarsi in prospettiva, curando la propria identità digitale immortale.
Ora quanta saggezza digitale è realmente presente nei ragazzi?
E’ un dato di fatto o solo un’ipotesi?
La risposta, ovviamente non può ricalcare il contesto del tutto bianco/nero. E’ ibrida.

Una parte significativa dei “nativi digitali” frequenta e usa TikTok

Certo fa pensare l’uso dell’applicazione molto seguita dai ragazzi: TikTok.

Nata da Musicaly (2017), esprime già nel suo titolo la velocità, la dinamicità che caratterizza il mondo adolescenziale. Per i bambini e i ragazzi questa offerta rappresenta un canto della sirena difficile da ignorare. Quindi un’applicazione pensata per i giovani che sempre più disertano social storici come Facebook. Fenomeno che sta riguardando recentemente anche Instagram. L’applicazione ha l’indubbio vantaggio di farci conoscere i ragazzi, quando non sono controllati dagli adulti che ovviamente rifuggono da TikTok.

Qualche dato.

Utenti attivi: 500 milioni nel mondo  (Datareportal, 2019)
Numero dei download ( scarico) dell’App nel  1Q 2019: 188 milioni (Sensortower,2019), costituisce il picco più alto al mondo;
Numero dei download con sistemi Ios (Apple): 33 milioni (Sensortower, 2019), record assoluto dei primi quattro mesi dell’anno corrente;
Utenti: 16-24 anni e rappresentano il 41% dei potenziali utenti ( Global webindex, 2019), dato non reale perché ci sono molti bambini-utenti che hanno alterato il dato della nascita;
Tempo medio giornaliero di utilizzo: 52 minuti (BussinessofApp, 2019);
Presenza: 155 Paesi (Apptrace, 2019);
Creatori di contenuti: 68% (Globalwebindex, 2019). Quindi un’utenza diversa, ad esempio, rispetto a quella che frequenta Youtube dove è più frequente il download, e quindi meno l’upload;
Visualizzazione video: 1 miliardo (Influencermarketingub,2018).

In sintesi, una parte significativa di giovani frequenta e usa questa applicazione, non sempre ponendo attenzione a rendere complessa la password del proprio profilo, a scegliere in modo adeguato le opzioni relative alla privacy… ( si legga il recente decalogo consigliato  da Digital Trasformation Institute)
Cosa si trova? Tante challenge (sfide) presentate con un hashtag dove i ragazzi, gareggiano con filmati dai 15 ai 60 secondi ballando, presentando sketch, doppiando sequenze di film anche in modo ironico… Il tutto avviene esibendo il proprio viso, spesso l’intero corpo con tops e short (ragazze)o spingendo al massimo l’acceleratore delle volgarità, che rappresentano la dark side of the moon. Il tutto per piacere e colpire (G. Lipovetsky 2019), apparire anche nella dimensione intima per dare spettacolo e quindi sentirsi vivi. In estrema sintesi: esistere!

I rischi sono evidenti: la presenza molto probabile di predatori sessuali che attraverso tecniche particolari adescano gli utenti più giovani, facendo leva sul loro bisogno di avere follower o un alto numero di veloci apprezzamenti (I like) A questi occorre aggiungere un’altra tipologia: i parassiti virtuali che poi riversano nel pozzo nero del Dark Web il materiale interessante per un loro ritorno economico.

C’è tanto da lavorare

Solo questo esempio ci fa capire che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. E qui entra in gioco il mondo degli adulti (genitori, scuola, associazioni…) che prima di tutto devono comprendere i motivi del successo di molte applicazioni giovani e poi individuare percorsi formativi, partendo però dal mondo liquido e senza maestri dei nostri ragazzi.

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