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Prescrizioni contributi dal 2019 al 2020: cosa cambia?

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Prescrizione contributi INPDAP INPS dal 31 dicembre 2018 differita al 31 dicembre 2019: cosa cambia per i dipendenti pubblici veramente?

Ho letto del differimento della prescrizione dei contributi ex Inpdad – Inps dal 1 gennaio 2019 al 1 gennaio 2020. Vorrei capire in concreto, per noi insegnanti, cosa cambia.

 

Fino a qualche settimana fa si parlava di una prescrizione dei contributi versati nell’ex INPDAP prima delle sua soppressione e non ancora accreditati nell’INPS al 31 dicembre 2018, prescrizione che è stata differita con la circolare  n. 117/2018  che ha prorogato i termini fissati dalla precedente circolare del 2017 al 1° gennaio 2020. Il differimento di un anno, quindi, permette alle pubbliche amministrazioni  non avrebbero più avuto la possibilità di regolarizzare eventuali versamenti mancanti al 31 dicembre 2018 (poichè la possibilità era concessa fino a tale data) di farlo entro il 31 dicembre 2019.

Come avevamo scritto anche per la scadenza del 31 dicembre del 2018, quindi, anche quella del prossimo anno non deve essere vista come il termine ultimo per richiedere la variazione dei propri periodi contributivi poichè tale data rappresenta soltanto il termine ultimo di applicazione della prassi secondo cui l’ex INPDAP andava ad individuare la data di accertamento del diritto alla contribuzione come termine in cui inizia a decorrere la prescrizione..

A cambiare, quindi, solo gli effetti sui datori di lavoro (le amministrazioni) che avranno l’obbligo di versare l’importo della rendita vitalizia in caso di prescrizione dei contributi che, in ogni caso, andranno ad alimentare la prestazione INPS dei dipendenti pubblici.

Alla luce dei fatti, quindi, per i dipendenti pubblici il differimento non porta nessun cambiamento poichè anche con la scadenza precedente le pensioni non erano messe a rischio poichè anche in caso di contributi mancanti, gli assegni previdenziali saranno calcolati anche sulla base dei contributi mancanti e che i relativi oneri saranno addebitati alle singole amministrazioni datrici di lavoro e non all’Inps.

I dipendenti avranno, quindi, un anno in più per far regolarizzare dalla propria amministrazione i contributi mancanti ma la cosa sarà fondamentale soprattutto per i docenti iscritti alla CPI, infatti, in caso di prescrizione dei contributi, il datore di lavoro non ha l’obbligo di sostenere la rendita vitalizia. Nel caso di mancato versamento e nel caso in cui il datore di lavoro non provveda, l’onere del riscatto dei contributi mancati ricadrà sul lavoratore stesso per i contributi caduti in prescrizione.

 

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