Permesso 104: se invece di assistere la suocera te ne vai al mare vieni licenziato

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Sono sempre di più le sentenze che trattano la problematica inerente l’utilizzo dei permessi di cui alla Legge 104 del 1992.

Gli orientamenti della giurisprudenza sono abbastanza restrittivi sulle modalità di utilizzo, soprattutto quando anziché utilizzare i permessi per le finalità di cui alla legge, li si utilizzano per altri fini. E quando ciò accade i provvedimenti adottati sono severi. Si perde il posto di lavoro. Principi di diritto che possono interessare tutti i dipendenti, non solo del settore privato ma anche quelli del pubblico.

In Fatto

Un lavoratore veniva licenziato perché si accertava anche grazie a quanto dallo stesso postato sui social, che, in una giornata di permesso richiesta ai sensi della legge n. 104/1992 per assistere la suocera con il medesimo residente a Pozzuoli e ivi presente quel giorno egli si trovava in altra località di mare… in Calabria.

Nei gradi precedenti di giudizio si riteneva provata la presenza della suocera a Pozzuoli mentre lo stesso si trovava in altra località. Ciò lo si appurava anche in relazione all’operato eseguito dall’agenzia investigativa incaricata dalla Società dal materiale fotografico prodotto dalla dichiarazione testimoniale degli investigatori. La Cassazione Civile Ord. Sez. 6 Num. 2743 anno 2019 conferma il provvedimento espulsivo.

Anche se si abusa del permesso 104 per una sola volta viene meno il vincolo fiduciario

Per i Giudici è stata correttamente valutata la sussistenza dell’abuso del permesso richiesto ai sensi della legge 104/1992 conseguente alla mancata prestazione dell’assistenza alla suocera che motivava la concessione del permesso, per essere egli in località diversa da quella dove si trovava l’interessata. Dai rilievi svolti dalla Corte territoriale “ in ordine alla rilevanza dell’abuso, in sé, anche a prescindere dalla circostanza indimostrata che si trattasse della prima volta e nella prospettiva dell’affidamento sull’esatto adempimento delle prestazioni future”’ è “ sufficiente ai fini della configurabilità dell’abuso medesimo la sola presenza del ricorrente in altro luogo, dallo stesso mai contestata, la mancata specificazione delle “altre attività” cui si sarebbe dedicato in alternativa il ricorrente”.

In passato già altri orientamenti erano su questa linea.

L’uso improprio del permesso 104 legittima licenziamento

In tema di esercizio del diritto di cui all’art. 33, comma 3, L. n. 104/1992, la fruizione del permesso da parte del dipendente deve porsi in nesso causale diretto con lo svolgimento di un’attività identificabile come prestazione di assistenza a favore del disabile per il quale il beneficio è riconosciuto in quanto la tutela offerta dalla norma non ha funzione meramente compensativa e/o di ristoro delle energie impiegate dal dipendente per un’assistenza comunque prestata. L’uso improprio del permesso può integrare, secondo le circostanze del caso, una grave violazione intenzionale degli obblighi gravanti sul dipendente, idonea a giustificare anche la sanzione espulsiva. (Cass. 13/9/2016 n. 1796)

E’ abuso di diritto usare i permessi 104 per altre finalità

“Secondo l’orientamento di questa Corte, che si condivide e a cui si intende dare continuità, il comportamento del lavoratore subordinato che si avvalga del permesso di cui alla L. n. 104 del 1992, art. 33, non per l’assistenza al familiare, bensì per attendere ad altra attività, integra l’ipotesi di abuso di diritto, giacchè tale condotta si palesa nei confronti del datore di lavoro come lesiva della buona fede, privandolo ingiustamente della prestazione lavorativa in violazione dell’affidamento riposto nel dipendente ed integra, nei confronti dell’Ente di previdenza erogatore del trattamento economico, un’indebita percezione dell’indennità ed uno sviamento dell’intervento assistenziale (Cass. n. 9217 del 2016; Cass. n. 4984 del 2014) che è stato parimenti sottolineato il disvalore sociale della condotta del lavoratore che usufruisce, anche solo in parte, di permessi per l’assistenza a portatori di handicap al fine di soddisfare proprie esigenze personali “scaricando il costo di tali esigenze sulla intera collettività, stante che i permessi sono retribuiti in via anticipata dal datore di lavoro, il quale poi viene sollevato dall’ente previdenziale del relativo onere anche ai fini contributivi e costringe il datore di lavoro ad organizzare ad ogni permesso diversamente il lavoro in azienda ed i propri compagni di lavoro, che lo devono sostituire, ad una maggiore penosità della prestazione lavorativa”, (Cass. n. 8784 del 2015)”:Cassazione sezione Lavoro con Ordinanza 23891 del 2 ottobre 2018 .

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