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Permessi retribuiti docenti a tempo indeterminato. Cosa fare se non bastano

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Il personale a tempo indeterminato ha la possibilità di assentarsi per 9 giorni durante le attività. Una volta terminati questi permessi, cosa può fare?

Una dirigente scolastica scrive

Può un docente che ha usufruito dei 3 gg. permesso retribuito e i 6 gg. ferie senza onere per lo Stato, usufruire anche di permessi non retribuiti, in alternativa cosa può fare?

3 gg. di permessi per motivi familiari

L’art. 15, comma 2 del CCNL comparto Scuola prevede che il personale docente ed educativo assunto a tempo indeterminato ha diritto, a domanda, nell’anno scolastico, a tre giorni di permesso retribuito per motivi personali o familiari documentati anche mediante autocertificazione.

6 giorni di ferie o permessi

Ai sensi dell’ art. 13, comma 9, le ferie richieste dal personale docente durante l’attività didattica sono concesse in subordine “alla possibilità di sostituire il personale che se ne avvale con altro personale in servizio nella stessa sede e, comunque, alla condizione che non vengano a determinarsi oneri aggiuntivi anche per l’eventuale corresponsione di compensi per ore eccedenti”.

Oppure il personale può fruire sempre di questi 6 giorni per gli stessi motivi e con le stesse modalità di come sono fruiti i 3 gg. precedenti, prescindendo in questo caso dalle condizioni previste dalla norma, ovvero senza necessità di trovarsi i sostituti e anche con oneri per la scuola.

Conclusioni

Richiamata la normativa in materia e in risposta alla Dirigente che ci scrive, si sottolinea che non esistono ulteriori “permessi” che riescano a far assentare il personale alle stesse condizioni sopra richiamate, neanche senza retribuzione.

L’unica possibilità è assentarsi fruendo dell’aspettativa non retribuita per motivi personali e familiari di cui all’art. 18 comma 1 del CCNL/2007.

L’aspettativa in questione può essere richiesta senza soluzione di continuità o per periodi frazionati.

  • Se fruita senza soluzione di continuità, non può avere una durata superiore a 12 mesi.
  • Se fruita per periodi spezzettati o frazionati non può superare in ogni caso, nell’arco temporale di un quinquennio, la durata massima di due anni e mezzo (30 mesi). Il quinquennio da prendere in considerazione è quello che verrà a scadere nell’ultimo giorno del nuovo periodo di aspettativa richiesto.

Inoltre:

  • I periodi di aspettativa intervallati da periodi di servizio attivo (non possono essere valutati servizio attivo né il congedo ordinario né quello straordinario) non superiori a sei mesi si sommano ai fini del raggiungimento del limite di un anno come se fossero continuativi, mentre se il servizio attivo è superiore a sei mesi il computo del limite massimo riprende dall’inizio.
  • Per motivi particolarmente gravi è prevista la proroga eccezionale dell’aspettativa di durata non superiore a sei mesi.
  • Durante l’aspettativa (compresi gli eventuali 6 mesi di proroga eccezionale) il dipendente non ha diritto alla retribuzione.
  • Il tempo trascorso in aspettativa (compresi gli eventuali 6 mesi proroga eccezionale) interrompe l’anzianità di servizio, non si computa ai fini della progressione di carriera, dell’attribuzione degli aumenti periodici di stipendio, del trattamento di quiescenza e previdenza nonché della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e delle festività soppresse.

Si conclude precisando che a differenza dei permessi finora richiamati (3+6), che oltre ad essere retribuiti sono sottratti alla discrezionalità del dirigente, il periodo di aspettativa può essere negato per motivate esigenze di servizio (in forma scritta e da recapitare al docente) e il dirigente deve prendere la decisione per la concessione del periodo richiesto entro un mese dalla data di presentazione della domanda.

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