Pensioni quota 100, a quali categorie di donne non conviene e perché

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Polemiche sull’avvio della quota 100 per andare in pensione proposta dalle forze di maggioranza al governo. Si tratta della possibilità per i lavoratori di andare in pensione con una somma tra contributi ed età anagrafica pari a 100.

Conviene a tutti?

Se sarà data possibilità, come segnalato da più parti, di andare in pensione a partire, comunque, da una età minima di 64 anni e 41 anni di contributi, potrebbero esserci delle categorie penalizzate. Si tratta, in particolare, di alcune categorie di donne, lavoratori con lunghi periodi di disoccupazione e cassa integrazione.

Donne penalizzate

Tra i lavoratori maggiormente penalizzati, potrebbero esserci le donne. Sono diversi i motivi per cui ad una lavoratrice potrebbe non convenire la quota 100. Ad esempio una donna disoccupata nata nel gennaio 1956, ma che ha lavorato dal 1985 fino al 2015. Infatti, questa tipologia di lavoratrice potrebbe rientrare nell’Ape social con 63 anni e 5 mesi e chiedere il sussidio perché ha esaurito da tre anni la Naspi, non ha occupazione e ha 30 anni di contributi.

Altro problema potrebbe sorgere per le madri che usufruirebbero di uno sconto su contributi legati ai figli (un anno a figlio con un massimo di due). Con l’avvio della quota 100 non avrebbe i contributi necessari e andrebbe in pensione a 67 anni, nel 2023.

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