Pensioni. Cedan: come intercettare l’uscita anticipata dal lavoro nel 2018

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Cedan – Ecco come bypassare le ferree regole imposte dalla legge Fornero. Un focus su Ape sociale, lavori usuranti, cumulo dei periodi assicurativi e ape di mercato.

 Avvicinare l’uscita dal mondo del lavoro sarà possibile tramite la richiesta, da parte dei cittadini, dell’applicazione della cosiddetta flessibilità in uscita; i lavoratori dovranno verificare la convenienza o meno degli strumenti previdenziale messi a disposizione dall’ordinamento per quest’anno iniziando da quelli gratuiti, cioè che non comportano penalità sulla pensione a quelli a titolo oneroso.

Il nuovo Cumulo

Il primo strumento da prendere in considerazione è il cumulo gratuito dei periodi assicurativi introdotto dall’articolo 1, co. 239 della legge 228/2012 come modificato, in senso estensivo dal 2017. I lavoratori devono verificare se è possibile accedere alla pensione di vecchiaia (66 anni e 7 mesi e 20 anni di contributi) o alla pensione anticipata (42 anni e 10 mesi di contributi, 41 anni e 10 mesi le donne) sommando la contribuzione presente in più casse previdenziali. La platea dei lavoratori interessati riguarda coloro i quali possano annoverare durante la propria carriera lavorativa contribuzioni previdenziali discontinue (AGO, Fondi esclusivi e sostitutivi dell’AGO, gestione separata dell’Inps). Tale strumento permette di sommare gratuitamente tutta la contribuzione presente in tali gestioni al fine di poter ottenere la liquidazione di una prestazione pensionistica senza riflessi negativi sulla determinazione dell’importo dell’assegno.

Le categorie deboli

I lavoratori con particolari condizioni fisiche/sociali possono verificare se poter fruire dell’APE agevolato o diversamente optare per la quota 41 per i lavoratori precoci. Tali misure sono rivolte a disoccupati, invalidi, caregivers e addetti a mansioni gravose e sono state leggermente estese a partire dal 1° gennaio 2018 (qui i dettagli).  L’APE sociale consiste in un sussidio di accompagnamento alla pensione (non sarà pertanto una pensione vera e propria), il cui importo è pari al valore della pensione calcolata al momento di accesso alla prestazione entro però un tetto massimo di 1.500 euro lordi mensili (circa 1.300 euro netti al mese) per 12 mensilità. Per accedere all’APE sociale è necessario vantare un minimo di 30 anni di contributi (36 anni per i lavoratori impiegati in mansioni difficoltose o rischiose) ed almeno 63 anni di età. La misura è sperimentale: dura sino al 31 dicembre 2018 (anche se è molto probabile una proroga) e pertanto coinvolge i nati entro il 31 dicembre 1955. Le donne con figli possono abbassare i predetti requisiti contributivi, dal 1° gennaio 2018, di un anno per ogni figlio entro un massimo di due anni. L’Ape sociale, è bene ribadirlo, non porta penalità sulla pensione in quanto è un reddito ponte interamente erogato dallo Stato.

La possibilità di conseguire un trattamento pensionistico con 41 anni di contribuzione è riservata ai lavoratori che possono conteggiare almeno 12 mesi di lavoro effettivo prima del compimento del 19° anno di età. A differenza dell’APe agevolata lo strumento è strutturale, durerà anche dopo il 2018, e consente di andare in pensione anticipata al raggiungimento di 41 anni di contributi a prescindere dall’età; occorre precisare che comunque i requisiti verranno adeguati alla speranza di vita Istat dopo il 2018.

Altra categoria che potrà beneficiare degli sgravi previsti dalla cosiddetta flessibilità in uscita è rappresentata dai lavoratori addetti alle mansioni usuranti e i lavoratori notturni di cui al Dlgs 67/2011. Questi soggetti possono lasciare il servizio nel 2018 con 61 anni e 7 mesi di età unitamente a 36 anni di contributi oppure con 62 anni e 7 mesi e 35 anni di contributi (per dettagli: lavori usuranti).

APE VOLONTARIA

I requisiti richiesti per poter fruire di tale forma di flessibilità sono 63 anni di età e 20 anni di contributi e contestualmente trovarsi a non più di 3 anni e 7 mesi dal pensionamento di vecchiaia nel regime obbligatorio e soddisfare l’ulteriore condizione che l’importo della pensione mensile, al netto della rata di ammortamento per il rimborso del prestito richiesto, risulti non inferiore a 1,4 volte il trattamento minimo dell’assicurazione generale obbligatoria (cioè 702,65 euro al mese per il 2017). Inoltre il lavoratore deve essere titolare di un trattamento pensionistico diretto (tra cui anche l’assegno ordinario di invalidità).

Altri strumenti per anticipare l’uscita sono l’opzione donna che interessa le sole lavoratrici che abbiano maturato 35 anni di contributi e 57 anni di età al 31 dicembre 2015. Queste lavoratrici possono ottenere la pensione optando per la liquidazione dell’assegno con le regole di calcolo del sistema contributivo che sono, almeno di regola, più penalizzanti, e la Rita, la rendita integrativa temporanea anticipata, che prevede la corresponsione di una rendita erogata dalle forme di previdenza complementare in anticipo rispetto alla data del pensionamento di vecchiaia intaccando però il capitale integrativo messo da parte dal lavoratore per integrare la pensione pubblica.

In tema di flessibilità in uscita, è necessario soffermarsi anche sulla correttezza dell’importo della buonuscita; a tal proposito Cedan S.r.l. s. partner di Anief, invita i soggetti in questione a non sorvolare sull’annosa questione inerente al problema della trattenuta del Tfr/Tfs. Anief, tramite il suo leader sindacale Marcello Pacifico, è ritornata più volte ad esprimersi sui motivi alla base del contenzioso. La sentenza n. 223/12 della Consulta ha dichiarato incostituzionale il passaggio dei lavoratori rimasti in regime TFS allo stesso regime TFR dal 1° gennaio 2011 con la trattenuta del 2,5%. Sino al 2010 i dipendenti della Pubblica Amministrazione si sono ritrovati in regime di trattamento di fine servizio, Tfs,.

Il principio di costituzione alla base del Tfs per i dipendenti pubblici era che a contribuire all’indennità mensile fosse anche il lavoratore, con appunto la trattenuta del 2,5% sul 80% dello stipendio mensile. Da gennaio 2011 tutti i dipendenti della Pubblica Amministrazione assunti post 31 dicembre 2000 sono stati fatti transitare automaticamente in regime di Tfr per il quale non si prevede alcuna contribuzione da parte del lavoratore. Il Tfr viene erogato per intero dal datore di lavoro che sia lo Stato o un privato.

Il diritto al rimborso della somma indebitamente trattenuta al lavoratore è stata disposta con una sentenza della Corte Costituzionale nel 2012; molteplici sentenze dei tribunali regionali hanno accertato come si tratti di una trattenuta illegittima.

I soggetti che possono richiedere il rimborso sulle trattenute del Tfr illegittime sono i dipendenti della Pubblica Amministrazione e nello specifico si tratta del personale del pubblico impiego assunto a partire dal 1° gennaio 2001 per le buste paga ricevute a partire da gennaio 2011. I dipendenti pubblici assunti invece fino a dicembre 2000 possono richiedere il rimborso sul Tfr per gli anni di retribuzione 2011 e 2012 ovvero per gli anni in cui sono passati dal regime di Tfs a quello di Tfr.

Si invita il personale ritornato in regime di TFS ad inviare la lettera di interruzione dei termini di prescrizione per ricevere per il 2011/2012 la differenza in termini di liquidazione percepita, in assenza, a distanza di due anni, del decreto del governo annunciato dalla legge.

Per avviare il ricorso per recuperare le somme indebitamente trattenute occorre collegarsi al seguente link.

Per informazioni, contatta la sede Cedan più vicina a te e visita il nostro sito! Per contattare la sede nazionale scrivi un’e-mail all’indirizzo [email protected] e contatta il numero 091 7098356

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