Pensioni. Anief: beffati i maestri dell’infanzia inclusi nell’Ape Social, l’Inps dà il via libera ma non possono lasciare il lavoro: per loro non esistono “finestre”

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 Dopo il blocco di migliaia di docenti e Ata per via della Quota 96, comprendente età anagrafica e anni di contributi riconoscibili, innalzata oltre ogni modo, e lo slittamento dell’accesso alla pensione di vecchiaia a 67 anni (con effetto 1° gennaio 2019), uno dei pochi provvedimenti che sembrava poter “salvare” una porzione di lavoratori, i maestri della scuola dell’infanzia, era l’Ape Social: ovvero l’anticipo pensionistico, fino a circa 3 anni e mezzo, finanziato con un prestito pagato non da banche ed assicurazioni (come nel caso dell’Ape normale), ma direttamente dallo Stato.

Il problema è che la scorsa estate e poi in autunno ad aver presentato domanda di Ape Social sono stati davvero pochi maestri. Inoltre, sinora nessuno dei quei maestri ha avuto la possibilità di lasciare il lavoro. E non si sa nemmeno quando potranno farlo, rischiando quindi pure di vanificare il già ridotto anticipo messo loro a disposizione perché individuati tra gli occupati in professioni usuranti. Il vulnus, scrive oggi Orizzonte Scuola, è che “manca la normativa per applicare l’Ape sociale e consentire il pensionamento dei docenti che hanno presentato domanda e ricevuto dall’INPS regolare attestazione favorevole”.

La rivista specializzata pubblica, per far meglio comprendere la portata del problema, una lettera di una maestra, indirizzata alla ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli, dopo essersi resa conto di essere rimasta intrappolata dalla burocrazia, pur avendo avuto tutti i requisiti per lasciare il lavoro: “Ho presentato, come tanti altri miei colleghi e colleghe – scrive la docente – domanda per l’Ape Sociale nella prima tornata del 15 luglio 2017 e in data 30/11/2017 ho ricevuto risposta positiva da parte dell’INPS che mi ha riconosciuto il diritto al prepensionamento perché ho 64 anni di età, 36 anni di servizio e assisto un familiare con handicap grave. Sembrerebbe tutto a posto, per l’INPS sarei già in pensione dal 1° agosto 2017, senonché nella legge di bilancio non è stata presentata alcuna normativa o emendamento che consenta al personale della scuola, destinatario della comunicazione INPS, di cessare dal servizio anche in corso d’anno, in deroga all’unica data che fissa la data di cessazione per il personale della scuola unicamente al 1° settembre”.

Il risultato di questa ennesima situazione kafkiana è che “a tutt’oggi il MIUR, d’intesa con l’INPS-D.C. Pensioni, non ha ancora fornito indicazioni specifiche al riguardo lasciando me e molti altri colleghi nel dubbio e nell’incertezza e temendo che i nostri diritti rimangano solo sulla carta. Solo agli insegnanti non viene riconosciuto un diritto a cui, per l’INPS e per la legge, avrebbero diritto e restano fuori dai benefici dell’Ape sociale a differenza di molte altre categorie di lavoratori. In altre parole una beffa e un diritto violato”. I docenti bloccati, pertanto, chiedono “con massima urgenza, l’emanazione di una norma ad hoc per sopperire a questa grave mancanza e per non ripetere errori già fatti in passato che non tennero in conto della peculiarità della categoria”.

Il sindacato Anief non può che sostenere l’appello formulato da una rappresentante di una categoria, quella dei docenti, ancora una volta penalizzata in modo esasperante da norme sbagliate e burocrazia soffocante. “Stiamo assistendo ad una beffa cosmica – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – perché già l’Ape Social doveva essere estesa a tutti i docenti e non solo ad una parte, visto che diversi studi, tra cui spicca il ‘Getsemani Burnout e patologia psichiatrica negli insegnanti’, hanno accertato l’alto grado di stress determinato dall’insegnamento. I 67 anni di età, cui il Governo Gentiloni ci ha portato, stridono poi non poco con la media Ue, visto che anche il recente rapporto Ocse Pensions at a glance ha confermato che in Europa si continua a lasciare il lavoro a 63 anni”.

“I numeri – continua il sindacalista autonomo – non sono opinioni: ci sono Paesi, come la Francia, che consentono agli insegnanti di andare in pensione ancora a 60. Altri, come la Germania, che con circa 25 anni di insegnamento permettono di lasciare il lavoro. Come se non bastasse, va ricordato che ammesso che si riesca ad anticipare l’accesso al pensionamento, questi docenti percepiranno in media un assegno pensionistico ridotto, rispetto al 2011, fino all’8%. Dinanzi a queste prospettive, basti pensare al contratto a perdere che l’Aran sta prospettando, basato su aumento dei carichi di lavoro e incrementi stipendiali-mini; siamo davvero stufi e per l’ennesima volta ci appelliamo ai nostri governanti perché si adoperino, benché a fine legislatura, per attuare quei provvedimenti d’urgenza necessari a non penalizzare ancora una volta i dipendenti della scuola pubblica”.

È possibile chiedere una consulenza personalizzata a Cedan per sapere se si ha diritto ad andare in quiescenza prima dei termini contributivi e di vecchiaia previsti dalla legge e per scoprire il valore dell’assegno pensionistico. Oltre a ulteriori servizi. Per contatti, ci si può collegare al sito internet. Per avere tutte le indicazioni necessarie è possibile anche scrivere una e-mail all’indirizzo 

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