Pensione, il danno per il blocco degli stipendi. Lettera

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Inviato da Giuseppe Musiano – Spettabili Presidente del Consiglio dei Ministri e Vicepresidenti Luigi Di Maio e Matteo Salvini, sono un ex insegnante di materie tecniche della Scuola Secondaria di 2^ grado di Messina. 

Si fa un gran parlare degli ex parlamentari e delle loro proteste su quello che per il momento gli è stato trattenuto per un tempo limitato a titolo di contributo di solidarietà, considerato anche che si tratta di quantità non stipendiali che di certo non determinano impoverimento, e non si faccia più alcun cenno al quello che viene sottratto a vita a chi ha pensioni non elevate, e qui sì non tenendo conto sia di quelli che erano diritti acquisiti e sia dalla incostituzionalità riconosciuta nel luglio 2015.

Mi riferisco agli impari effetti determinati dal blocco scatto stipendiale 2013, in particolare nel periodo successivo al suo riconoscimento di incostituzionalità.

In base a tale blocco, ogni lavoratore in servizio, che ha raggiunto un successivo scatto stipendiale, ha contribuito con un anno di ritardato aumento.

Invece, il lavoratore che è dovuto andare in pensione nel corso dell’anno (a settembre) in cui avrebbe dovuto avere il suo scatto stipendiale, sin dal precedente mese di gennaio, finisce per contribuire a vita a causa del blocco 2013, in modo più rilevante, quindi, rispetto gli altri e senza distinzione di reddito.

Infatti, anche nel sistema pensionistico misto, il mancato aumento stipendiale determina una pensione mensile più bassa e nell’immediato una perdita di buonuscita, rilevanti per chi percepisce meno di 1.700 €.

Tutto ciò nonostante la Corte Costituzionale abbia sentenziato il 24 giugno 2015 con n. 178 l’incostituzionalità dei blocchi stipendiali e la sua applicazione dalla data della sua pubblicazione (luglio 2015), ritenendo che il blocco contravvenisse al principio di uguaglianza, ma anche a quello di ragionevolezza, cioè alla condizione che “i suddetti sacrifici siano eccezionali, transeunte, non arbitrari…”.

Tuttavia il governo Renzi ha ulteriormente prorogato gli effetti dello stesso blocco. Vi può essere d’esempio il mio caso. Premettendo che il rinnovo contrattuale era bloccato da 7 anni, per cui ho già subito mancati importanti aumenti stipendiali, avrei dovuto avere lo scatto alla fine del 2015, rinviato di 1 anno alla fine del 2016 per il blocco 2013, ma essendo andato in pensione il 1° settembre 2016 (non posticipabile perché insegnante in salvaguardia esodati) sapendo che era stata emessa una sentenza costituzionale che mi avrebbe restituito il diritto allo scatto stipendiale, mi ritrovo invece ad avere una perdita di circa 80 € netti al mese per tutta la vita che mi rimane e una perdita di (circa 100 € di mancato aumento stipendiale x 40 anni di servizio utili alla buonuscita =) 4.000,00 € circa di buonuscita. La stessa cosa di fatto non avviene a chi ha appena raggiunto la successiva fascia stipendiale.

È proprio vero che la politica è stata distante dai cittadini e dai concetti di giustizia ed equità, facendo pagare i più deboli a vantaggio dei forti, anche in barba al dettato costituzionale.

Ho più volte sentito che le vostre intenzioni di Governo sono essenzialmente dirette a tutelare i diritti dei cittadini. Ritengo che questa sia una delle buone occasioni per dimostrarlo.

A mio avviso, oltre a revisionare la legge Fornero, occorrebbe togliere il blocco scatti 2013 almeno nel momento in cui determina disparità, sicuramente per i pensionati successivi alla pubblicazione della sentenza della corte costituzionale.

In pratica, vista la situazione economica nazionale, credo che possa essere mantenuto il blocco 2013 fin tanto che si è in servizio, dando così al Paese una contribuzione “una tantum” per 1 anno, ma di farlo cessare nel momento in cui determina un danno perenne.

Chi come me si trova in quest’ultima condizione ovviamente contribuirebbe per un intero anno, al pari degli altri, anche fosse l’anno in cui è andato in pansione, ma avrebbe calcolati ai fini pensionistici il mensile e la buonuscita come se non avesse subito alcun blocco di progressione stipendiale.

Tale soluzione potrebbe essere decretata prima del prossimo rinnovo contrattuale o nella prossima finanziaria. Infatti, sarebbe in linea con la sentenza della Corte Costituzionale, pubblicata nel luglio 2015, e credo non determini eccessive spese per lo Stato, ma di sicuro avrà un grande valore morale e restituirà un po’ di uguaglianza e dignità al lavoratore e alla nostra Nazione.

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