Pensi di essere vittima di Mobbing? Non sarà semplice dimostrarlo

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Provare l’esistenza del mobbing nel mondo del lavoro è oramai una cosa ardua, talmente ardua che le sentenze positive sono rarissime.

Il Tribunale del Lavoro di Udine con la Sentenza del 17 marzo 2017 ha affrontato il contenzioso in essere tra un medico chirurgo ed il suo primario e l’azienda di riferimento.

Nel detto contenzioso il medico ricorrente lamentava che da tempo si era incrinato il rapporto con il primario., “il quale lo aveva criticato per non essere rimasto al termine delle guardie notturne in reparto e per non essere altresì entrato in sala operatoria per le attività di routine, e che successivamente a ciò aveva subito comportamenti mobizzanti, nella destituzione, avvenuta nel 2007, dal ruolo di responsabile del sito web e nell’estromissione dall’attività chirurgica come secondo operatore; nella destituzione dall’incarico di responsabile di reparto della sezione femminile, nonché dall’incarico di tutor per giovani medici, nel mancato rinnovo dell’incarico di competenza professionale e specialistica denominata “chirurgia dei tumori”; inoltre, nel luglio 2009, in sede di emanazione delle note di valutazione della produttività individuale, rilevanti ai fini della retribuzione di risultato, contrariamente agli anni precedenti, il primario lo aveva valutato negativamente, accusandolo di aver creato una situazione di conflittualità ambientale (…)”.

Il Tribunale respingeva tutte le domande così motivando: “ Ciò premesso, alla stregua delle – pressoché univoche – risultanze dell’istruttoria testimoniale, deve obiettivamente escludersi che nella fattispecie possano ravvisarsi gli estremi di una condotta vessatoria da parte del responsabile del reparto, suscettibile di essere ascritta nell’ambito del cd. “mobbing”; è noto, infatti, che intanto può ritenersi la sussistenza dell’illecito in argomento, in quanto risulti che l’unica ragione della condotta datoriale era quella consistita nel procurare un danno al lavoratore, nel mentre bisogna escluderla in caso contrario, indipendentemente dall’eventuale prevedibilità ed occorrenza in concreto di effetti simili o altrimenti sovrapponibili.

Ciò è a dirsi, in quanto il “mobbing” rappresenta una specificazione del divieto – costituente canone generale dell’ordinamento giuridico e fondamento della exceptio doli generalis – di agire intenzionalmente a danno altrui, per cui devono necessariamente essere escluse dall’orbita della fattispecie tutte quelle vicende in cui fra datore di lavoro e lavoratore si registrano semplicemente posizioni divergenti o perfino conflittuali, affatto connesse alla fisiologia del rapporto di lavoro.

Viceversa, nel caso di specie è emersa la sussistenza di una situazione di irreversibile conflittualità nei rapporti fra il ricorrente, il primario, i medici del reparto di neurochirurgia e gli specializzandi – a dire dei testi attribuibile ad aspetti caratteriali, a comportamenti ed esternazioni dello stesso ricorrente – tale da configurare l’obiettiva necessità di un intervento della direzione sanitaria volto a prevenire il pericolo di pregiudizi per la funzionalità e la concreta operatività della struttura; lo stesso contenuto delle note relazionali del primario deve pertanto ritenersi, in tal senso, oggettivamente riscontrato.

”Il Tribunale conclude condannando la parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio, spese che liquida per compensi professionali in complessivi Euro 14.000,00 quanto all’Azienda e in eguale misura quanto al primario, entrambi oltre spese generali, IVA e CNA come per legge.

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