Nuove strategie didattiche minano funzione docente. Lettera

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Inviata da Mario Bocola – La figura del docente, oggi, tanto vituperata e scarsamente considerata dalla società è stata ancora di più deistituzionalizzata, impoverita nella sua funzione da tante tecniche e pratiche didattiche che si presentano belle da vedere ma, a volte, prive di contenuti e di ricadute positive sugli alunni.

Su questo versante la scuola sta perdendo la bussola, ridotta a brandelli e, quindi, depauperata dei suoi contenuti essenziali, ossia di ciò che serve effettivamente all’alunno per diventare un essere agente e pensante (più agente che pensante!).

Gli alunni, tuttavia, vanno “infiammati” di gocce di sapere e di contenuti disciplinari che devono essere ben assimilati e ben digeriti per poi spenderli nel mondo del lavoro, attraverso le “magiche” e osannate competenze. Invece la didattica che, in questi anni, si è venuta propinando altro non è che una didattica leggera, futile, liquida, che toglie all’alunno un aspetto fondamentale per la sua crescita e formazione personale: il senso critico. Lo annulla o meglio lo annienta del senso critico.

Gli studenti di oggi non sono abituati più ad avere un senso critico, a ragionare sulle cose, a capire e confrontare le cause e gli effetti di certe argomentazioni storiche, sociali, letterarie, filosofiche. E, invece, di sviluppare queste tecniche didattiche che abituano gli alunni alla riflessione e all’argomentazione, a far acquisire quel giusto senso critico si vanno diffondendo strategie didattiche come la “Flipped classroom”, ossia la tanto deificata “classe rovesciata” che, in qualche modo, pone sempre più in secondo piano la figura dell’insegnante rispetto a quella dell’alunno…e tante altre sorte negli ultimi anni. Una sorta di rovesciamento dei ruoli in cui l’alunno fa il professore e il professore fa l’alunno, anche se il lavoro di “classi rovesciate” sono fatti in gruppi. Insomma una strategia di ricerca-azione, tutto sommato positiva, se applicata in determinati contesti scolastici, ma non uguali per tutti.

È vero che al centro dell’azione didattica deve essere posto l’alunno perché è lui il destinatario finale, ma non corriamo troppo e lasciamo solo e abbandonato il povero docente che è sempre, lo ricordiamo, il mediatore e il facilitatore di tutti i processi di apprendimento.

Alla fine tutto ruota intorno al docente che deve, per raggiungere risultati positivi ed accettabili spaccare il capello, come si suole dire.

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